Palacio ritrova il gol, Kovacic l'opera d'arte calcistica e l'Inter non finisce incenerita. La Lazio ci ha provato, Felipe Anderson le ha mostrato la strada. Ma bisogna giocare e vincere per due tempi, non per uno soltanto. Pareggio che non serve a nessuno, ma non abbatte lo spirito. L'Inter deve crescere e saldare una difesa gruviera. La squadra di Pioli oggi è terza in classifica, degna figlia e protagonista di un campionato di incompiute.
Due scatti di Felipe Anderson hanno bruciato l'Inter e la sua sgangherata difesa. Ventuno anni di scatto e prepotenza calcistica nel dribbling secco e nel tiro preciso. Il brasiliano, venuto dal Santos con l'impronta del trequartista, ha fotografato l'Inter nel giro di due minuti e, con una serie di guizzi e dribbling, pescato gli sgorbi di Ranocchia e le indecisioni di Guarin e Juan Jesus nel primo gol; l'animo moviola di tutti i difensori nel secondo dove Ranocchia ha fatto il ballerino impettito, Juan Jesus il povero diavolo difensivo e Kuzmanovic non è riuscito a chiudere lo spazio.
Come avrete capito, ancora una volta il capitano dell'Inter è stato uno dei colpevoli dei disastri nerazzurri: difesa che prende reti fesse e ingenue spesso per il riflesso mancante nell'intervento decisivo o nello scatto ad acchiappare l'avversario che gli sta accanto.
Ieri sera c'era un bel gelo a San Siro, ma dopo due minuti è stato ghiaccio per il tifo nerazzurro che ha cominciato con i soliti cori contro la mamma di Balotelli ed ha chiuso il primo tempo con un alluvione di fischi per gente che s'è fatta bucare come un emmenthal e quasi mai è riuscita a trovare il tiro in porta. Mancini ha sperimentato una squadra senza Medel, acchiappa palloni e poco più, e con Dodò e Nagatomo a darsi il cambio nel gioco sulla fascia sinistra. Poteva essere un'idea, se Anderson non avesse rovinato i piani, dopo due minuti, e dimostrato che la squadra ha comunque bisogno di un frangiflutti davanti alla difesa. Ranocchia non garantisce nè regia nè saldezza difensiva. Juan Jesus sta imparando a giocare meglio sull'uomo e nella zona difensiva, ma ogni tanto si perde. Dalle fasce arrivano sempre pericoli, D'Ambrosio ha faticato con Lulic. La Lazio ha giocato con attenzione e grande elasticità di manovra a centrocampo dove Ledesma era la garanzia anche se, di tanto in tanto, gli spazi si facevano larghi e l'Inter poteva infilare qualche giocata in verticale, ma poi tutto si arenava al limite d'area. E se Klose ha faticato ad entrare in partita, l'improbabile Guarin ha combinato disastri in ogni zona, ma è stato l'unico a provare il tiro da lontano. Palacio sembra stecchi per far dispetto: inconcepibili alcuni errori fino al gol che ha cancellato un anno di astinenza. Kovacic si è infranto contro la solidità dei laziali: all'attivo una verticalizzazione per Nagatomo. E si è rifatto abbondantemente ripresa. Icardi è limitato.
Lazio corta e decisiva, Inter confusionaria: questo il riassunto del primo tempo. E dopo la seconda rete, arrivata nel finale del primo tempo, Mancini ha dovuto riesumare Medel e richiamare Dodò. Meglio un calcio parrocchiale ma più solido.
E anche nel secondo tempo la Lazio è stata difensivamente un muro, l'Inter offensivamente un pianto per venti minuti. Kuzmanovic ha messo qualche brivido a Marchetti dopo 15 minuti: tiro deviato. Icardi e Palacio non pervenuti. E Kovacic ha sganciato la sua fantastica bomba da lontano, e di destro, al volo, appunto al minuto numero venti: palla nell'angolo, gol, squarcio di calcio d'autore e cambio di faccia per il croato. La partita e il pubblico dell'Inter si sono rigenerati. Ed è stato bagno di emozioni e qualche illusione. Mancini ci ha provato con tre punte vere(Bonazzoli per Guarin)e gli è andata bene.
A quel punto perfino il Trenza ha ritrovato il gol, infilandosi nella difesa e facendo fessi Cana e Marchetti: non segnava da maggio, appunto alla Lazio, alla quale rifilò una doppietta. Poi Kovacic ha sfiorato il 3-2, Icardi di più,la Lazio ci ha provato. Fiuuuu per tutti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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