Pantani, la Cassazione mette la parola fine: "Non morì per omicidio"

La Suprema Corte rigetta il ricorso della famiglia Pantani contro l'archiviazione stabilita due anni fa dal gip di Rimini: il ciclista non fu ucciso

Marco Pantani
Marco Pantani

Secondo la Cassazione Marco Pantani non è morto per omicidio: una sentenza della Suprema Corte ha così respinto il ricorso dell'avvocato della famiglia del campione romagnolo.

La famiglia, tramite il proprio legale, non aveva mai accettato la richiesta di archiviazione presentata nel 2015 dalla procura di Rimini e accolta dal giudice per le indagini preliminari Vinicio Cantarini, che aveva liquidato l'eventualità di un delitto come "mera congettura fantasiosa".

Ancora più esplicito era stato il procuratore, Paolo Giovagnoli, chiedendo che il caso venisse archiviato: "Le questioni sollevate più che a indicare indagini supplettive utili a scoprire elementi di un delitto non indagato, tendevano essenzialmente a far dubitare della correttezza e adeguatezza delle indagini del 2004 e a far ritenere falsi i suoi risultati, verosimilmente per cercare di cancellare l’immagine del campione depresso vittima della tossicodipendenza e dell’utilizzo di psicofarmaci, e

accreditare l’immagine di una persona vittima incolpevole di violenze e complotti."

Ora l'ipotesi inquietante di un omicidio è stata esclusa anche dai supremi giudici, di cui adesso si attendono solo le motivazioni per la sentenza.

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