Quest'anno le nazionali rosa ci hanno raccontato più di guerriglie con i ct e guerrigliere avvelenate che di successi. Quella del calcio ha aggiunto un comunicato a scomunicare la ct Bertolini. Quella della pallavolo ha trovato nella solita Paola Egonu il cecchino a mira imprecisa: se voleva far fuori il ct Mazzanti ancora non c'è riuscita. È chiaro che, in questi casi, a ciascuno le sue colpe e nello sport è sempre difficile intravedere dove stia esattamente la ragione. Dice una legge non scritta che un campione non vince da solo, serve una squadra. Ma in questo Paese si tende molto ad accreditare allenatori e ct di poteri sovrannaturali. Quindi il caso Egonu non è altro che una guerriglia di leadership, alla faccia degli interessi della squadra. Con l'aggiunta che la campionessa, esaltante nelle partite di club, non lo è stata altrettanto in azzurro: pur a dispetto delle scelte del ct. La nazionale del volley non solo ha fallito la riconquista del titolo europeo, vinto nel 2021, ma ha sbattuto contro un muro sia alle Olimpiadi sia al mondiale. Può capitare, però una campionessa non può sempre pensare al proprio look sportivo senza guardare al risultato complessivo. Insomma la Egonu forse dovrebbe scendere dal suo gabellino: sentirsi divi nello sport non porta mai a buoni risultati. E magari accentua nevrosi, tensioni, vizi, e forse quel fastidio circa il razzismo che dice di respirare nel Paese natio. Ora l'ultimo racconto narra che contro il ct, al quale qualche peccato va addebitato, era sorta una fronda da parte di quattro giocatrici, fra le quali Paola. Situazione grave, ma non seria.
A quel punto è stata la federazione a decidere chi abbia vinto e chi perso. Meglio sarebbe pensare alle Olimpiadi e a questa Italia: ovvero meno guerriglie e più guerrigliere di successo. Ricordando che Maradona ti faceva vincere, pur se Ottavio Bianchi non era il suo tecnico preferito.
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