«I Mondiali del 1942 non figurano in nessun libro di storia, ma si giocarono nella Patagonia argentina». Da questa frase di Osvaldo Soriano (tratta dal racconto «Il figlio di Butch Cassidy», Einaudi 1995) prende origine Il Mundial dimenticato, in sala da venerdì 8 giugno distribuito da JP Entertainment. Co-produzione italo-argentina, il film ricostruisce le fantomatiche vicende dei Mondiali di Calcio di Patagonia 1942, mai riconosciuti dagli organi ufficiali dello sport e rimasti per decenni avvolti nella leggenda senza che se ne conoscesse il vincitore.
Partendo da quella suggestione e trattandola come materia storica, il film di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni ricostruisce alcune pagine mancanti delle cronache sportive, prendendo la finzione e dandole forma di realtà. Per far questo ottiene la complicità di grandi nomi del calcio, come Roberto Baggio, Gary Lineker, Jorge Valdano e il presidente onorario della Fifa Joao Havelange, di storici come Pierre Lanfranchi e Osvaldo Bayer, di giornalisti sportivi come Darwin Pastorin o l'argentino Sergio Levinsky, nel ruolo di detective alla ricerca del mondiale scomparso.
Il campionato fu organizzato grazie all'accanito impegno del Conte Vladimir Otz, stravagante e visionario mecenate illuminista di origini balcaniche. La storia si apre con il ritrovamento di un misterioso scheletro con la macchina da presa negli scavi paleontologici di Villa El Chocon, nella Patagonia Argentina. Le indagini svelano che i resti umani appartengono a Guillermo Sandrini, cineoperatore argentino di origini italiane, ex fotografo di matrimoni e inventore per hobby, ingaggiato per «filmare i Mondiali in modo memorabile e rivoluzionario».
La bobina contenuta nella macchina da presa di Sandrini promette di svelare la verità sul risultato della finale del Mundial dimenticato. Il più esperto ricercatore sul tema, il giornalista argentino Sergio Levinsky fa appunto da guida in un'inchiesta che attraversa l'America Latina e l'Europa. Le suggestioni di immagini d'archivio inedite e spettacolari e di una ricca documentazione (fotografie, giornali locali, lettere, diari privati) si alternano a numerose interviste a pochi appassionati testimoni diretti e a personalità della cultura e del calcio.
Mentre il mondo civilizzato è ingoiato dalla ferocia della Seconda Guerra Mondiale, dodici squadre si sfidano per conquistare la Coppa Rimet, stranamente riapparsa in Patagonia. Formazioni composte da pochi giocatori professionisti mescolati a migranti di mezzo mondo, operai e minatori, ingegneri ed ex cercatori d'oro, acrobati del circo e rivoluzionari in esilio, soldati nazisti e indios mapuches. Chi vinse il misterioso Mundial? Perchè da allora non se n'è più parlato?
«Del racconto di Soriano - hanno dichiarato i due registi nella conferenza stampa alla Casa del Cinema di Roma - ci ha subito colpito, come tutta la sua letteratura, la commistione tra leggenda e realtà. Il calcio lo abbiamo quindi usato come scenario, in un contesto storico-realistico, il periodo della Seconda guerra Mondiale, mescolandolo a temi come l'emigrazione europea in Patagonia. I nostri riferimenti, per quanto riguarda il "genere" del mockumentary, non possono esulare dallo Zelig di Woody Allen, ma ci ha ispirato come stile anche il recente Exit Through the Gift Shop e anche un documentario "vero" come When we were kings, che mescola testimonianze e immagini d'archivio. Questo è un piccolo film dalle grandi emozioni, un mosaico che unisce più elementi, dalla storia alla guerra, dal calcio giocato a quello raccontato e che ha esaltato i nostri ricordi calcistici d'infanzia, con tutte le mitologie e gli stereotipi di questo sport, dal bomber alla suddivisione in campo tra buoni e cattivi».
Il film rappresenterà l'Italia al prossimo Festival di Shanghai e sarà in concorso al Bellaria Film Festival. Dopo le anteprime di venerdì 1° giugno a Roma e Torino alla presenza dei registi, dei produttori e di ospiti illustri del mondo del calcio e dello spettacolo, l'uscita avverrà nel giorno dell'inizio dei campionati Europei.
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