Potere Hamilton. La Rossa "scricchiola"

Lewis in testa al mondiale. E Leclerc sacrificato per Vettel stavolta accusa il colpo

Potere Hamilton. La Rossa "scricchiola"

Quando a ventun'anni guidi una Ferrari nella vita di tutti i giorni e una Rossa di F1 nell'ultra vita dello sport, puoi anche dire «sì, va bene», e puoi anche alzare il piede e cedere una piazza, mettendoti al servizio della squadra. Soprattutto, se questa squadra è la Scala dell'automobilismo in cui tutti vorrebbero cantare ed è l'Everest del motorismo che tutti vorrebbero scalare. Soprattutto, se poi, come ieri a Shanghai, Scala ed Everest stanno vivendo momenti stonati e densi di nubi. Per questo, Charles Leclerc, splendido talento promosso dalla Ferrari accanto a Vettel, farà bene a pazientare e rispondere «signorsì signore» almeno un altro paio di volte nel caso gli eventi da corsa lo richiedano: a Baku, fra due settimane, e a Barcellona, fra un mese. Dopo di che, se il tedesco fin qui forte di piede ma debole di carattere non avrà dato segni di grande e vistosa ripresa, allora briglie sciolte al puledro di razza. Tanto più che dopo il Gp di Spagna si andrà a correre a Monte Carlo, a casa sua; e non è certo affossando fin da subito un quattro volte campione del mondo che si potrà contrastare la corazzata anglogermanica alla terza doppietta di fila come non accadeva dal 1992, con le Williams di Mansell e Patrese.

Perché può piacere o non piacere, può aver tradito le molte attese che lo raccontavano come il nuovo Schumi, ma in questo momento è ancora Sebastian Vettel il capo squadra. Per di più, di un team come la Ferrari che da sempre ha dentro sé costituzionalmente, di più, cromosomicamente, un dna aritmetico che distingue tra primo pilota e secondo pilota. Organizzazione agonistica che vale a maggior ragione oggi con un Cavallino in piena rifondazione e nonostante il Vettel visto in questi primi tre assaggi di campionato sia solo poco migliore di quello confuso e frastornato della passata stagione. Per cui, Mattia Binotto ha fin qui fatto bene a garantirgli fiducia e a pazientare ancor di più di Leclerc.

Comprensibile resta però il malumore del monegasco dopo la gara al servizio di una Ferrari in difficoltà, e la diplomatica sottolineatura «non arrivo a parlare di sacrificio, si lavora per il bene della squadra...». Il quinto posto finale fa male, dopo la bella partenza e il sorpasso al compagno al via; e dopo avergli dovuto cedere posto una volta ascoltato l'invito via radio, il terzo messaggio di questo tenore in tre Gp; e fa male ancor di più dopo essere rimasto una vita in pista prima del pit e dopo aver tardato la seconda sosta solo per trasformarsi in un tappo rosso che potesse rallentare la cavalcata di Bottas e riavvicinare Vettel al finlandese. Comprensibile, dunque, che dopo quest'infilata di «signor sì signore» a Charles girassero un poco. Così come è comprensibile l'onda di «non è giusto» dei tifosi, che in quanto rappresentanti dell'emotiva categoria hanno il sacrosanto diritto di voler vedere subito il 21enne libero sempre e ovunque di dare tutto se stesso come visto fare all'olandese al volante di nome Verstappen in Red Bull. Onda comprensibile, quella del disappunto, alimentata anche dai calcoli sbagliati del muretto Ferrari che, cercando di rallentare Bottas, ha poi consentito proprio all'olandesino di passare Leclerc. Tutto vero, però... Però, in Bahrein, a Leclerc era stato concesso tutto: di disubbidire a un ordine di scuderia, di risuperare il compagno quattro volte iridato che l'aveva passato al via. Per cui, fin qui, bene così la gestione.

Anche perché il divario con i rivali è notevole e i problemi veri sono altri. La terza doppietta über alles, la facilità con cui Hamilton ha ottenuto il secondo successo di fila, il Gp 1000 finito nelle sue tasche come il numero 900 cinque anni fa.

Ben più di un segno. E la sensazione forte che dietro la Ferrari ondivaga e incostante che cambia umore tecnico di Gp in Gp ci sia soprattutto una Rossa fragile che deve correre imbrigliata. Un po' come il suo puledro di razza.

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