Josep Bartomeu è il presidente del Barcellona. Qualche giorno fa, nello smentire indiscrezioni di mercato riguardanti una presunta offerta blaugrana per Paul Pogba, ha detto che il club non vuol cedere nessuno e che, anzi, ha intenzione di fare di Leo Messi un “one-club man”.
Dietro la pomposa definizione inglese non c’è altro che un vecchio concetto, carissimo al pallone: a Barcellona vogliono che Messi diventi la loro bandiera. Un paladino del Camp Nou, un simbolo senza la macchia (calcistica) di aver indossato qualsiasi altra maglia durante la sua lunga e strabiliante carriera. Come Francesco Totti a Roma.
Eppure ci sarebbe stato un momento in cui il Barça avrebbe potuto piazzare altrove quello che oggi è il gioiello più bello della sua corona. Lo ha raccontato Mauricio Pochettino, tecnico argentino del Tottenham, in vista dell’incontro di Champions tra gli Spurs e i catalani. È un fatto che risalirebbe a circa tredici anni fa, quando Lionel non era ancora Messi. E quando fu vicinissimo a lasciare il Camp Nou per andarsene nella seconda squadra di Barcellona, l’Espanyol.
Da calciatore Pochettino, dei biancoblù, è stato bandiera. Ne ha difeso i colori dal 1994 fino al 2001. Poi, dopo la parentesi francese al Paris Saint Germain prima e al Bordeaux poi, ci ritornò nel 2004 e lì chiuse la carriera nel 2006.
L’episodio di cui parla sarebbe avvenuto nell’estate del 2005. L’allenatore era l’ex tulipano milanista Frank Rijkaard e il numero dieci lo portava un giocoliere brasiliano che rispondeva al nome fatato di Ronaldinho. Per Lionel, 19 anni e un talento tutto da dimostrare, si prospettava una stagione da recluso in panca. Così – racconta Pochettino – l’Espanyol tentò di fargli attraversare l’altra sponda (calcistica) della città. “Era così vicino”, ha detto– come riporta il Guardian – il tecnico del club londinese. Solo un evento eccezionale avrebbe potuto far saltare il passaggio in biancoblù. E così andò.
Le amichevoli estive portano (ieri come oggi) nomi roboanti. E a Barcellona, in quell’estate, si affrontarono due squadroni per il trofeo Gamper. Al Camp Nou arrivò la Juventus di Fabio Capello. Leo Messi giocò e incantò al punto che dopo l’incontro (finito per la cronaca con la vittoria ai rigori della Juventus dopo il 2-2 con reti di Del Piero e Trezeguet per i bianconeri, di Andres Iniesta e Van Bronckhorst per il Barcellona), i dirigenti della Juve chiesero ai colleghi spagnoli il prezzo di quel ragazzino così forte.
Solo allora la società catalana capì di avere un tesoro in casa.
Rifiutò la corte juventina e blindò il ragazzo che così rimase al Barcellona. Le sliding doors del pallone si chiusero per l'Espanyol e si spalancarono per Messi che, da quel momento, iniziò a scrivere la storia di uno dei calciatori più forti al mondo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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