Reality Armstrong più omissione che confessione

Dear Lance, confessione per confessione: molto deludente. Tutto il mondo si aspettava botti cosmici, più che altro pensava finalmente di apprendere dalla tua viva voce chi e come ti ha aiutato, coperto, difeso. Era questo l'unico motivo vero di tanta attesa e di tanto clamore, perchè del doping pesante e reiterato, soprattutto molto remunerativo (250 miliardi in lire), aveva già raccontato fino all'ultimo dettaglio il signore dell'antidoping americano che ha steso la tua pelliccia nel suo salotto, il tenace e pignolo mister Travis Tygart.
Niente: hai parlato per due puntate, hai risposto a 112 domande, ma sei riuscito nell'impresa memorabile, meglio di un record sull'Alpe d'Huez, di non fornire un solo nome. Ti sei solo preso la briga di difendere a spada tratta, ancora una volta, il tuo medico di fiducia Michele Ferrari, italiano emigrato in Svizzera, già inibito da noi causa doping. Per il resto, soltanto mezze verità e mezzi dispiaceri. Chiamando la cosa con il suo nome, un'occasione persa.
Dear Lance, hai detto con voce rotta che passerai il resto della tua vita a chiedere scusa e a riconquistare un po' di fiducia presso il prossimo. Con questo metodo, di questo passo, ti servirà una vita molto lunga. Non è così che il mondo si sentirà in dovere di perdonarti. Lo sai: questo mondo ti ha idolatrato per anni come massimo esempio positivo, come storia sublime del bene e del buono più forte di tutto, persino del cancro. Questo mondo ti ha creduto sempre, quando dicevi che correvi pulitissimo, quandi reagivi minaccioso alle voci, quando querelavi i giornali rompiscatole. Normale, adesso, che questo stesso mondo umiliato e offeso ci vada molto cauto, con il perdono. Normale che pretenda molto di più. Soprattutto, che la tua incredibile vicenda serva almeno a qualcosa, diventi utile, porti risultati importanti. E c'è un solo modo: spiegare fino in fondo, facendo nomi e cognomi, chi era tuo complice. Perchè c'è un fatto insormontabile, dear Lance: ce ne siamo bevute tante, in tutto questo tempo, ma non puoi pretendere che ci beviamo pure quest'ultima, l'idea di un campione del tuo livello dedito al doping fai-da-te, da autodidatta, magari con il frigoriferino da campeggio nel bagagliaio della macchina. Questa è prassi per i tardoni deficienti delle gran fondo e delle gare amatoriali, non da supereroe dello sport mondiale. Per quanti sforzi possiamo imporci, per quanto babbei possiamo essere, proprio non ce la facciamo a credere che tu non abbia complicità, consulenze, coperture. E allora torniamo al punto di partenza: confessione per confessione, è impossibile definire questo tuo outing tardivo e obbligato una vera confessione, purificatrice e risolutiva, capace almeno di assicurarti il perdono, dopo la pena della radiazione e delle sette maglie gialle strappate in tanti brandelli.
Serve ben altro, questa la verità. Serve tutta la verità. E poi, detto fuori dai denti: da quando si confessa in televisione, amabilmente seduti davanti a una gentile signora che ha disperato bisogno di audience per salvare la sua trasmissione? Solitamente, le confessioni si fanno davanti a chi conduce le indagini. In questo caso, data la storia in gioco e i reati commessi, risulta veramente sgangherato - vagamente strafottente - scegliere il talk-show. Ma come: nei mesi scorsi mandi al diavolo l'inquisitore, che ti propone clemenza in cambio di confessione, poi decidi di cantare al cospetto di una dama televisiva? Comprensibile la strategia di puntare tutto sull'emotività dell'opinione pubblica, ma questa faccenda è troppo seria e troppo pesante per buttarla in reality. Comprensibile, a questo punto, che la giustizia americana manifesti subito freddezza e distacco di fronte all'evento: per noi non cambia nulla, hanno già detto, quando Armstrong deciderà di parlare sul serio sa dove trovarci.
Tutto sommato, non è cambiato niente per nessuno. Hai confessato quello che tutti sapevano già, senza aggiungere una virgola.

Più che altro, hai tradito una grande fretta di voltare pagina e partire subito con la seconda vita, che poi sarebbe la terza, considerando la tragedia del cancro. Dear Lance, non è così facile: come partenza, questa è una falsa partenza. Riprova, puoi fare di meglio.

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