nostro inviato a Montecatini
Riscatto ferrarista. Certo non cambierà la vita di Montezemolo, ma il marchio Ferrari qui al Giro torna a stappare bollicine e a scatenare applausi di folla. Con la miseria di grandi storie che il Giro col braccino quest'anno sadicamente ci rifila, largo spazio alla riabilitazione del reietto e dell'appestato.
Roberto da Brescia, 29 anni, sposato e papà di una bambina, è il killer che sul vialone di Horsens tagliò la strada al gruppo, lasciando sul selciato il campione del mondo Cavendish, maestro e rivale di sprint. Nel Giro delle cadute - sin qui quattro cataste in cinque volate, sempre grazie all'aiutino di curve vigliacche, ma tutti a cavarsela dando degli impediti ai corridori: quanta umanità - in questo Giro che non sta in piedi la sbroccata di Ferrari resta l'episodio più scandaloso. Certo lui pennellò un'idiozia d'artista. Certo lui si scavò la fossa dicendo a botta calda che non capiva tanta rabbia attorno. Ma poi, parlandone con calma con il suo team-manager Gianni Savio, saggiamente comprese. E chiese scusa. E si cosparse di cenere. E per autoflaggellarsi arrivò persino a non presentarsi in dirittura d'arrivo nello sprint di Fano. Come espiazione totale, rinunciò ad essere se stesso, a fare il proprio mestiere. Attorno, il moralismo facile che ama infierire sui deboli: a casa, a casa, per quello che ha combinato Ferrari dovrebbe andarsene a casa.
Invece è ancora qui e lotta in mezzo a noi. La giuria, dopo averlo retrocesso all'ultimo posto nella volata demenziale, gli ha concesso una seconda chanche. E Ferrari, esaurito il periodo di quarantena, ricomincia da capo. Sul viale delle Terme, eccolo sgusciare come la Rossa di Maranello, staccando tardissimo all'ultima curva e passando all'interno niente meno che Cavendish, capace soltanto di lanciargli un'occhiata tra incredulità e avvertimento. Ma Ferrari non guarda più nulla, non accetta più occhiate. Il confronto è addirittura imbarazzante: Cavendish s'ingrugna sulla bici neanche dovesse piegarla in due, Ferrari va via in progressione e lo stacca in agilità, vincendo per distacco. Tra i due, anche l'altro italiano Chicchi e il lituano Vaitkus.
«È un giorno bellissimo - si sfoga alla fine il riabilitato -. Ci tenevo troppo a vincere, per dimostrare che quel giorno, in Danimarca, non ero là per caso, per fare danni, ma perché posso giocarmela». Quanto a Cavendish, che ancora porta i segni dell'imboscata di Horsens, gli fa i complimenti con un pesante però: «Ferrari ha fatto una grande volata. Ma lui lo sa, gliel'ho detto e ridetto: è molto fortunato ad essere ancora qui. Quel giorno dovevano buttarlo fuori».
Nell'epopea del Giro, sin dai tempi di Basso e Zandegù, le beghe tra sprinter sono fisse in menù. Adesso però la lapidazione di Ferrari deve finire: ha dato. S'è pentito, ha chiesto scusa, gli hanno concesso la seconda chanche e non l'ha sprecata. La storia può mettere il punto. Ora devono cominciare la riabilitazione i grandi del Giro, sin qui latitanti e attendisti.
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