L’ultima volta che l’hai vista era sdraiata sul sedile posteriore di un minibus. Si tornava da Casa Italia verso Barra da Tijuca, il quartiere olimpico. Prima di scendere dice: “Prenota la finale”. L’oro? “Quello non si può prenotare”. Elisa Di Francisca è stata di parola. Non ha promesso l’imponderabile. Non è riuscita a riprendersi l’oro di Londra. Si è trovata di fronte un’avversaria scorbutica, che fa una scherma essenziale, ma che ti mette all’angolo. Qualche volta, purtroppo, gli jedi perdono, di solito perché i sith sono più furbi.
L’attesa sa di discoteca, quando parte una nostalgica Macarena, ma quando entrano sulla pedana parte la musica di Guerre Stellari. È una sfida tra jedi e sith, e che Elisa non sia il lato oscuro della forza sembra chiaro. L’altra è la russa Inna Deriglazova. La prima stoccata è di Elisa, dritta al petto. “La mia forza è la tecnica, posso colpire sempre nello stesso punto”. Sul tre a zero il palazzetto Carioca 3 è un coro. Italia. Italia. Sale, sale ed è come un’onda. Non farla avvicinare, tentare l’affondo a sorpresa, evitare il corpo a corpo, tenere alla distanza. È invece no. La russa si prende la pedana, stocca, aggredisce e spinge Elisa verso la terra della paura, quando il braccio di fa pensate e la mente perde il contatto con la parte migliore di te. Inna Deriglazova sente che sta portando la sfida dalla sua parte. Recupera, si stacca, va in vantaggio, fa il vuoto, i punti di distanza diventano tre, quattro, cinque. Sembra davvero tutto finito. E se li non i fosse Elisa forse sarebbe proprio così. Ma lei non è una che si arrende. Ha carattere. Ha coraggio.
“Nasco ribelle e lo sono stata a lungo. Era la mia indole. Sono umile, ma per carattere sempre poco incline alle regole. Non ho mai voluto che mi si imponesse nulla. Reagivo d’istinto e poi magari ci stavo male e chiedevo scusa. Ora sono più posata, sto cambiando: prima di alzarmi e andare via oppure prima di aprir bocca ci penso un po’ di più”. Qui serve un colpo d’indisciplina, una rivolta, una di quelle rimonte che sanno di leggenda. È quello che accade. È dietro Elisa c’è tutta la platea italiana, magari c’è perfino Arianna Errigo, da quattro anni la regina del fioretto, che è caduta quando stava in netto vantaggio e per la tensione di una maledetta e sfortunata corsa all’oro. Quando mancano una manciata di secondi alla fine Elisa Di Francisca sta a una sola stoccata dalla russa. Serve un miracolo. Non ci sarà. Il tempo corre troppo velocemente. È finita, con un argento amaro. Qualche giorno fa aveva rivelato in un’intervista su Vanity Fair la sua filosofia di vita. È racchiusa in una poesia di Pablo Neruda, è il primo verso è tatuato sul suo avambraccio.
“Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce”. Non si può sempre vincere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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