La Roubaix è di Terpstra. La rassegnazione è italiana

L'olandese beffa tutti i big, ma Cancellara va ancora sul podi. I nostri risultano dispersi: il digiuno continua e siamo senza futuro

La Roubaix è di Terpstra. La rassegnazione è italiana

Terpstra chi? Terpstra l'olandese, Tersptra già terzo l'anno scorso e quinto l'anno prima, Tersptra superlativo nel giocare d'anticipo a cinque chilometri dal traguardo, quando sorprende i big in attesa di sprint e se ne va tutto solo verso il trionfo della vita, perchè questo semplicemente è la Parigi-Roubaix, signora delle pietre e sovrana delle classiche, niente di più e niente di meno.

E noi dovremmo sprecare tempo a raccontarci dell'impresa di questo outsider olandese, tra l'altro abbastanza impronunciabile? Si dà il caso che nella vita e nello sport esistano occasioni importanti e suggestive a prescindere, a prescindere da chi le firma e da come si sviluppano le storie. Il Festival di Sanremo lo guardano tutti, anche se poi vincono i Jalisse. Alla Prima della Scala buttano un occhio tutti, anche se danno cinque ore in tedesco di Wagner. Restiamo nello sport: Wimbledon e Montecarlo si guardano comunque, anche se il giorno dopo nemmeno ricordiamo bene chi abbia vinto. La Roubaix è una di queste opere che stanno oltre e sopra i propri interpreti. E' lei che fa grande il ciclista, non viceversa. Tutta quella polvere o tutto quel fango (stavolta polvere), tutti quei ventotto tratti di pietra cubica che scrollano brutalmente cerchi, manubri e scheletri umani, tutte quelle cadute e tutte quelle escoriazioni, tutto quel pubblico e tutta quella birra, ma prima ancora tutta quella fatica, tanta fatica, infinita fatica: come pensare di restare indifferenti, come guardare distrattamente, come non chiedersi almeno per un attimo, prima di sera, com'è andata quest'anno la Roubaix, chi ha vinto quest'anno la Roubaix?

Stavolta è così: vince con pieno merito il coraggioso - e potentissimo - olandese Terpstra, uomo sorpresa in tutti i sensi, soprattutto quando lascia di sasso - alla Roubaix non sono contemplati altri materiali - i dieci compagni di fuga, praticamente tutto il gotha dei favoriti, e come un allupato va a prendersi il boato dello storico Velodromo, nonchè un solenne diploma a futura memoria, che gli varrà soprattutto in sede di nuovi contratti. Ma se proprio non intriga sapere chi vince, basta concentrarsi allora su chi perde. La nuda classifica dice che i battuti sono nell'ordine Degenkolb e Cancellara. Ma dei dieci battuti sono i meno battuti di tutti. Il giovane tedesco, definito per pigro conformismo sprinter, conferma invece di avere doti eccezionali anche come fondista, il che gli consentirà di vincere molte classiche Monumento nel prossimo futuro. Quanto a Cancellara, serve molto fegato a consideararlo battuto: nelle tre supercorse di primavera, è immancabilmente salito sul podio. Sanremo, Fiandre (vinta, una settimana fa), ora Roubaix: chi vuole raccontarlo come un vinto si faccia avanti, personalmente proprio non ce la faccio. Piuttosto, decisamente più battuti vanno se mai considerati a vario titolo l'eterno Boonen, Wiggins, il giovane Sagan, quest'ultimo in fuga e ripreso a quindici chilometri dalla fine, ma nel complesso in evidente affanno quando i percorsi si fanno feroci.

E comunque. Se sono battuti questi bei nomi, noi italiani siamo gli ultimi a doverlo rimarcare. Non abbiamo più titoli per bocciare nessuno. Pudore e decenza ci impongono un decoroso silenzio. I nostri, ancora una volta, risultano dispersi nel cosmo. Pozzato, il presunto migliore degli azzurri, quando il gioco si fa duro è già debitamente fuori gioco. Gli altri, lasciamo stare. Se non vinciamo una corsa Monumento dal 2008 i perchè ci sono tutti.

Ma se guardare indietro suscita mestizia, guardare avanti è pure peggio: anche la Roubaix, giudice suprema di severi verdetti, ci dice chiaramente che prima di rivincere qui molto altro tempo passerà. Tanto, tantissimo.

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