Pogacar resta la variabile più bella di un ciclismo che sta rallentando

Dopo la sconfitta alla Sanremo: con Pogacar lo spettacolo è assicurato

Pogacar resta la variabile più bella di un ciclismo che sta rallentando
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Dai marginal games ai salary cap, dai dettagli ai costi calmierati, rivendicando la monotonia espressa dal ciclismo più bello degli ultimi anni, per quanto mi riguarda, il più bello in assoluto. Tadej Pogacar il normalizzatore, l'uomo che toglie passione e valore, concetti espressi solo dai cosiddetti addetti ai lavori, da chi vive più di rancore che di ammirazione, più di invidia che di bellezza.

Ben diverso è quello che arriva alla gente, a quella comune, quella che ha riscoperto in questi ultimi anni il ciclismo grazie al bimbo sloveno come ai tempi di Pantani. Basta vedere i numeri che fanno di continuo questi fantastici ragazzi, da Tadej a Pippo, da Mathieu a Remco, passando per Primoz, Wout e Jonas. Se però c'è lui, se c'è il numero uno Tadej Pogacar la variabile più bella e sublime del ciclismo mondiale, lo spettacolo è assicurato. Che poi vinca o perda va bene lo stesso, come a Sanremo, dove quei tre giganti se le sono date di santa ragione come in un incontro di box e non una partita a scacchi, finita per altro con uno scacco al Re.

Vogliono normalizzare, limitare e rallentare (sì rallentare, limitando l'uso dei rapporti e aumentando la sezione degli pneumatici e i pesi delle biciclette), perché ne va dello spettacolo, secondo l'Uci, l'organismo che regola il ciclismo mondiale. Ma la Sanremo l'hanno vista? Davvero sono convinti che Pogacar stia togliendo interesse e non il contrario? E poi chiedetelo direttamente a Mathieu Van der Poel per quale ragione questa Sanremo «la ricorderò tutta per la vita».

Provate a chiederglielo: l'asso olandese vi spiegherà che non c'è nulla di più bello di vincere una classica di questa levatura tra due monumenti, uno per giunta con i colori dell'arcobaleno, davvero monumentale. Un Tadej battuto è il premio più bello. Accade di rado, ma quando accade

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