Bufera? Sì, bufera in casa Inter, ma Mancini non si dimette e Suning non lo esonera. Moratti ai tempi del terzo scudetto consecutivo gioiva per il risultato ma praticamente era rimasto senza allenatore da marzo. Mancini deluso dopo l'eliminazione in Champions con il Liverpool aveva annunciato che non avrebbe allenato l'Inter nella stagione successiva. E Moratti confidò: "Come faccio a tenere uno che mi dice che non vuole più allenare l'Inter?".
Non siamo daccapo, ma quasi. Il Mancio è riuscito a mettersi di traverso con tutti o quasi. Relativamente ai nuovi proprietari ha fatto sapere che tutto si è compiuto a sua insaputa. Una versione che fa a pugni con quanto dichiarava nelle conferenze prepartita. Al Ceo Bolingbroke che gli confermava l'intenzione di investire sui giovani, ha ripetuto la necessità di un giocatore come Yaya Tourè. Con Zanetti c'è rimasto male quando gli hanno riferito di una telefonata esplorativa del vicepresidente a Marcelo Bielsa. Con Piero Ausilio si è scontrato su Manolo Gabbiadini, il Mancio favorevole, il ds più propenso a Candreva. Infine nelle ore bollenti Icardi-Nara non ha preso posizione: "A me interessa solo che faccia venti gol", quando invece sarebbe stato necessario un intervento deciso in linea con la società.
Però qualche ragione l'ha anche lui. Pensava di poter fare il Ferguson della situazione, non l'allenatore e basta, ma con la nuova proprietà cinese si è reso conto che è cambiato il manico. E tendenzialmente quando arriva una scopa nuova la prima mossa è sostituire l'allenatore, magari solo per il gusto di poter dire di averlo fatto. L'incontro con Bolingbroke dimostra che la società non aspetta l'occasione per rompere, e l'asse Zanetti-Bielsa, se mai questa telefonata ci sia stata, è allontanata dall'entourage del vicepresidente: "Eventualmente Zanetti aspetterebbe Diego Simeone...". Algido con Icardi, ma non ha stupito chi lo conosce, il Mancio è convinto di giocare ancora, certi gol li avrebbe fatti anche adesso a cinquant'anni, in poche occasioni ha esaltato qualcun altro. Ora gira la voce che oggi non salirà sull'aereo che porta l'Inter in Usa per la tourneè estiva, l'Inter ufficialmente dichiara il contrario: "Vedremo chi ha ragione". In realtà la cosa in sé conta zero, Ibrahimovic partì per gli Usa con Mourinho e dopo neppure una settimana si imbarcò per Barcellona. Sopra le chiacchiere c'è la realtà, Il Mancio non si dimette e Suning non lo caccia, detto senza troppi sentimenti, magari solo una questione di opportunità: "Ho sempre detto che amo questa società. Se qualcuno non mi vuole sono pronto a farmi da parte". Lui ragiona alla pari con i cinesi, senza pensare che l'asse sia sbilanciata, i due si devono conoscere meglio ma se qualcuno spera sia il Mancio ad avvicinarsi è un illuso. È questo il vero ostacolo, e i cinesi non sembrano caratterialmente dei cordialoni. "Lui può stare tranquillo, resta al centro del progetto, ma capiamo il suo disagio - la linea del club -. In questo momento non sa chi sia il suo referente, si è sentito solo, il suo è stato uno sfogo. Dopo New York, sarà tutto più chiaro. Ma a 45 milioni Josè Mario non è un acquisto intelligente". Il Mancio va in America ma forse non ne ha voglia. In aggiunta le due amichevoli sono state uno strazio, tifosi in Alto Adige pochi e la trattativa Joao Mario è naufragata, primo buco Suning che adesso deve come minimo dare un segnale.
È una tregua con una scadenza, il 27 luglio, in quella data è prevista una riunione della dirigenza, compresi gli uomini di Jindong Zhang, il nuovo proprietario, Erick Thohir, il presidente uscente, e Roberto Mancini.
Il Mancio leggerà la lista degli acquisti e avrà le idee più chiare, ma non aspettiamoci le sue dimissioni e neppure l'esonero Suning, nessuno dei due farà un passo verso l'altro. E questa volta non basterà neppure il carisma di Massimo Moratti.
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