Silenzio degli obbedienti. Sulle fasce arcobaleno l'ultima ipocrisia Fifa

Il messaggio versione Lgbtq+ considerato eccessivo, meglio una formula edulcorata...

Silenzio degli obbedienti. Sulle fasce arcobaleno l'ultima ipocrisia Fifa

Fascia o non fascia? Combattere o obbedire? Il mondo del calcio, in Qatar, ha deciso di obbedire fingendo di combattere per i diritti civili. Ed allora meglio il rude realismo di Hugo Lloris, portiere capitano della Francia, che ha detto ancor prima di partire: «Rispetto regole e cultura di questo Paese pur a malincuore», piuttosto che il balletto dei servitori di due padroni: ovvero i 7 capitani di 7 federazioni che sono finiti sull'attenti. È bastata una alzata di sopracciglio del presidente «acchiappa danari» (certo il muscoloso Infantino, un emigrato secondo i suoi racconti) perché tutti tornassero al più mite pensiero di una fascia «No Discrimination» anziché alla più «coraggiosa» fascia arcobaleno del «One love» in appoggio a chi lotta per i diritti Lgbtq+. Ovvero: tutti fermi e tutti zitti che, se vi vede il muscolo, siete tutti fritti, diceva un vecchio spot. Qui non si scherza: il Qatar sbatte in faccia l'importanza del godere di diritti civili spesso negati. E non sono sepolti, nella memoria, i tanti morti contati per costruire i suoi stadi. Peccato che il calcio se ne sia ricordato solo ora: una volta raccolto il malloppo nelle mani Fifa. Il pallone non esce bene da questo bagno nella retorica che finisce in bluff. La Fifa ancora meno, ma ci ha abituati: Infantino, inizialmente, non ha nemmeno risposto alle 10 federazioni, poi ridotte a 7, che avevano chiesto di far indossare la fascia arcobaleno ai capitani per segnalare critica e protesta. Definirla contestazione è ridicolo. E la Fifa ha agito seguendo l'insegnamento del muscolare presidente: guai a voi! Ieri ha spiegato: se lo fate, secondo regolamento arriveranno sanzioni disciplinari ai capitani, cioè multa e ammonizione. Niente di nuovo su quel fronte: cosa aspettarsi di diverso da un ente che bada al business ed ha sposato i soldi del Qatar? Non certo la carta dei diritti. Non scopriamo ora che la Fifa adocchia altri fini. Sarebbe stato meglio agire prima, magari 4-5 anni fa. Ma nessun si è mosso o indignato, più che nelle parole. Le federazioni potevano rifiutarsi e non lo hanno fatto. I giocatori urlare e non hanno urlato. In questi giorni è comparsa la foto di ragazze iraniane senza copricapo in uno spogliatoio: era un simbolo di reazione. Poi è stata trovata una scusa banale per evitar pene vere. Loro rischiano, non così i giocatori che si inginocchiano a salvare le coscienze. C'è differenza tra coraggio e coraggio.

Ed allora eccoli schierati a centrocampo gli intrepidi Kane (Inghilterra) e Van Dijk (Olanda) che avevano sventolato parole rivoluzionarie. Eccoli, nel silenzio degli obbedienti, con la più mite fascetta «No discrimination» che la Fifa aveva previsto dai quarti ed, invece, ha permesso di vestire fin dall'inizio per mostrare quel tanto di magnanimità ai ribelli. Poi, di questi bracciali «contestatori», ne sono stati preparati altri dai quarti in poi. Ecco perché Lloris, portiere pure del Tottenham, merita stima. Lo ha ripetuto ieri: «Quando diamo il benvenuto agli stranieri in Francia vogliamo che seguano le regole e rispettino la nostra cultura.

Qui ci vien chiesto di rispettare il Paese». Non si chiama coraggio, solo onestà comportamentale magari spinta dalla federazione. Discorso crudamente realista, in attesa di veder colleghi che non protestino solo per lo stipendio.

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