«La prima volta che ho visto Jannik ho capito la sua voglia di sacrificarsi per migliorarsi sempre. Mi ha fatto piacere che abbia detto che essere nostro testimonial è come essere in famiglia». Marco Lavazza è vicepresidente di un'azienda con 130 anni di storia che ha portato il nostro caffè ad essere un simbolo del tennis fin dal 2011, a Wimbledon. Poi l'allargamento agli altri Slam, alle Atp Finals e ad altri dei tornei importanti (l'ultimo è Shanghai). E poi ecco Sinner, quando nel 2019 era 140 del mondo e vinceva le finali Next Gen a Milano: «È l'elogio della normalità, in un ambiente dello sport nel quale, purtroppo, ci siamo abituati a vedere troppi eccessi. Una persona normale, la dimostrazione che quando si arriva in cima è possibile rimanere connessi con la realtà».
Per questo lo avete scelto per primi.
«In famiglia ci chiediamo sempre come poter fare di più e meglio. Non solo nel caffè, ma anche nel proporci o nel dare aiuto. Siamo stati fortunati nel trovare persone che ci danno grandi soddisfazioni dal lato umano».
Come Jannik, insomma.
«Lui è pazzesco: sa comunicare in maniera semplice trovando sempre le parole giuste. E se trovi qualcuno sulla tua stessa lunghezza d'onda, diventa tutto più naturale: i suoi valori sono i nostri valori da quattro generazioni».
E per questo che avete scelto il tennis?
«É uno sport che tendenzialmente non divide, anzi il contrario: veniamo dalla generazione di Federer, Nadal e Djokovic, eroi di stile a modo loro che hanno fan in tutto il mondo. Jannik ha il loro stesso approccio».
Quel che si dice una miscela perfetta.
«Esatto: un blend, molto ben riuscito, fin da quando siamo entrati in punta di piedi a Wimbledon. La soddisfazione è stata quando, per rinnovare il contratto, ci hanno chiamato loro. Abbiamo portato freschezza, buon gusto e italianità: le stesse qualità di Sinner».
In passato avete avuto diversi testimonial.
«Campioni come Agassi, Ivanisevic, Philippoussis. E se devo parlare di icone, sicuramente Andre lo è stato e lo è ancora. Basta vedere cosa fa oggi per i ragazzi con la sua fondazione insieme a Steffi Graf».
La cosa più divertente con lui?
«Lo abbiamo ingaggiato che era fuori dal tennis da un po'. Quando si è sparsa la voce a Wimbledon della sua presenza al circolo, hanno dovuto chiamare la sicurezza tanta era la gente che assediava il nostro stand. Questo per dire quanto sia rimasto un mito».
Tornando a Sinner: com'è come attore di pubblicità?
«Abbiamo lavorato sulla sua perfezione, e siamo stati davvero contenti che lo spot abbia fatto cogliere la sua ironia. È bravo anche in quello, è piaciuto un sacco».
Per finire: un giudizio sul caso doping.
«La notizia
ci ha stupiti. Poi, come tutti, abbiamo capito che si è trattato di un incidente. Aspettiamo e vediamo, però non ho dubbi su chi sia Jannik Sinner. Personalmente mi chiedo: perché tutto questo accanimento contro di lui?».
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