Sono cinque su cinque: l'Italcalcio "svegliata" da una manita in faccia

Abbiamo perso tutto. E ora Mancini stanco fa mea culpa e sembra prigioniero del ruolo

Sono cinque su cinque: l'Italcalcio "svegliata" da una manita in faccia
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In sedici giorni cinque competizioni internazionali sfumate. Come dire, una «manita» al contrario. L'Italia esce con le ossa rotte dal finale di stagione ricco di aspettative. La delusione è grande, tre finaliste e cinque semifinaliste nelle Coppe europee erano state la risposta al problema del monopolio degli stranieri in serie A (nell'ultima stagione il 66,22 per cento, tre quarti delle rose del massimo campionato). E se gli azzurrini dell'Under 20 avevano già migliorato il loro percorso, centrando l'ultimo atto del Mondiale poi perso alla fine con l'Uruguay, la truppa di Mancini continua nel suo saliscendi dopo il trionfo europeo.

Risalire nella classifica di gradimento dei tifosi era l'obiettivo della Nazionale e potersi giocare un titolo avrebbe dato una mano anche per l'autostima dopo la mancata trasferta in Qatar. Invece, la notte amara di Enschede ci riporta ancora nel limbo. Con una differenza sostanziale rispetto ad altre cadute: Mancini appare stanco, quasi rassegnato, chissà se prigioniero di un lungo contratto con la Figc e di un mercato panchine bloccato, almeno in Italia. «Nemmeno un premier dura così tanto, cinque anni e 60 partite da ct sono tante. Speravo di aver vinto già il Mondiale, invece non ci siamo qualificati e ora bisognerà aspettare altri tre anni», le sue parole prima della sfida in Olanda. All'apparenza una pubblica manifestazione di volontà di rispettare l'accordo con il presidente Gravina. Ma la sensazione, vedendolo spesso allargare le braccia durante la partita e mesto dopo il fischio finale, è che gli sia venuto meno il piacere del ruolo, dato che il calcio che esprimono i suoi giocatori è sempre più distante da quello che insegue.

«Ho sbagliato modulo, abbiamo snaturato il nostro gioco», l'ammissione alla fine di Mancio, insoddisfatto prima di tutto con se stesso. Quel 3-5-2, partorito dal ct in una tormentata vigilia, figlio del nostro campionato (molte squadre ormai giocano così) e dell'esigenza tattica contro un'avversaria abile nel palleggio. Insomma, da un pragmatismo che non è nelle corde di questo allenatore né della sua Nazionale che aveva «canonizzato» il 4-3-3. Conte battè la Furie Rosse così nel 2016 agli Europei francesi, ma il suo modulo era codificato da tempo.

Si invoca il rinnovamento ma intanto Mancini aveva in campo tra i titolari nove reduci del trionfo di due anni fa. La finalina con l'Olanda dovrebbe accelerare il progetto di cambiamento, già comunque avviato in questa Nations League - e il ct lo ha rimarcato più volte -. In attesa di settembre e degli esami di riparazione (leggi qualificazioni europee) complicati. E intanto uno dei suoi predecessori in azzurro, Arrigo Sacchi, spezza una lancia per lui: «La vittoria agli Europei è stata un suo prodigio ma in tre giorni deve dare un senso a una Nazionale che il senso non ce l'ha. Al nostro calcio mancano le idee. Non facciamo squadra, siamo ammalati di protagonismo.

Gli altri sono strateghi, noi solo tattici: per questo arriviamo secondi». «La crisi della Nazionale? Chi gestisce il calcio in Italia non dovrebbe dormire la notte, perché ci sono dei problemi», così l'ex tecnico Ottavio Bianchi.

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