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Stelvio, spunta De Gendt L’Italbici s’inchina a Hesjedal

Fantastica galoppata del belga che sfiora persino la maglia rosa Il canadese tiene e lancia l’assalto a Rodriguez nella cronometro

Stelvio, spunta De Gendt L’Italbici s’inchina a Hesjedal

Capogiri d'alta quota. Tra le ne­vi eterne, in uno scenario celestia­le, due ali di folla commossa con­ducono al capolinea il ciclismo ita­liano. In un Giro senza i grandissi­mi stranieri, come Contador, co­me Evans, come Schleck Junior, la nazionale azzurra riesce nella sto­rica impresa di non salire sul po­dio. La cronometro finale di Mila­no, trenta chilometri per le vie del centro, butterà probabilmente giù anche Scarponi, l'unico che ancora avrebbe un piede sopra. E' il finale più mesto che ci si potesse aspettare, un finale che per la cro­naca e per la statistica non si regi­stra dal 1995. Sarà una domenica molto difficile e penosa: il Giro d'Italia arriva al traguardo perden­dosi per strada l'Italia.

Nessuna tragedia, però. Questo è lo sport. E comunque già al Tour potremmo riprenderci le nostre brave rivincite con Nibali, indub­biamente il migliore del nostro re­cinto. Certo non si possono evita­re parole crepuscolari per Ivan Basso, il più battuto dei battuti. Il Giro come unico obiettivo stagio­nale, tutta una squadra al suo ser­vizio, nelle tappe sue cola lenta­mente a picco. Non è neppure un naufragio biblico, non è una crisi drammatica: è qualcosa di peg­gio, è molto di più. E' la spia che ad un certo punto della nostra vita si accende, dicendoci caro amico, così non va bene, il motore comin­cia ad essere logoro, stanco, lento. Per un campione prossimo ai 35 anni, l'idea del riscatto e della ri­vincita sa più di illusione senile che di prospettiva concreta. A lui, con il suo orgoglio smisurato, in­ventarsi il modo di smentire tutti e di fermare sul nascere i titoli di co­da.

Poi c'è Scarponi, che ancora una volta è bravo e coraggioso, l'unico dei nostri ad attaccare sul serio negli ultimi tre chilometri dello Stelvio, dove non respira più nessuno. Ma ancora una volta, co­me il giorno prima a Pampeago, è più un gesto disperato, che una prova di forza. Difatti stacca di po­chissimo il perticone canadese, ma soprattutto si fa ancora rimon­tare dal solito scattista Rodriguez, maglia rosa in scadenza.

Dopo l'epilogo l'Italia chiac­chierona spreca un sacco di tem­po per processare la Lampre, per­ché non ha fermato Cunego a cac­cia del secondo posto, con l'ordi­ne di aspettare Scarponi. Non vo­glio partecipare al gioco, non mi piacciono i plotoni di esecuzione del dopo. Dico soltanto che Cune­go non avrebbe meritato un'umi­liazione così plateale, davanti ai loggionisti del grande ciclismo, nel teatro più grande e prestigioso delle Alpi: il suo sacrificio non avrebbe portato niente di più a Scarponi, già oltre i suoi stessi limi­ti, contro un Hesjedal comunque lì vicinissimo.

Punto e a capo. Non sprechia­mo altre energie. Quelle restanti, dopo un tappone finalmente fero­ce, vanno tutte dedicate al grandis­simo del Mortirolo e dello Stelvio, il giovane belga (25 anni) De Gen­dt, l'unico in questo Giro capace di scommettere tutto su un attac­co monumentale, rischiando di perdere tutto, ritrovandosi invece a un millimetro dalla maglia rosa. Ma tu pensa l'ideona: mettici mon­tagne vere, mettici un tipo svitato e coraggioso, casualmente esce il grande spettacolo. Sì, bisogna es­sere svitati, secondo i supertecni­ci del giorno d'oggi, per attaccare sul Mortirolo e poi pedalare da so­li fino allo Stelvio. De Gendt inve­ce fa proprio così. E alla fine vince la tappa più bella, firmando l'im­presa più bella. Casualmente, ora si ritrova in tasca persino la rosea possibilità di vincere pure il Giro intero. Il duello lo attende oggi: Hesjedal è favoritissimo, Rodri­guez parte con un bersaglio dipin­to in fronte, De Gendt ha ottimi col­pi in canna ( a cronometro è forte). Hesjedal: «Ho faticato molto, ma non mi fermerò certo adesso. Vo­glio il Giro ».

Rodriguez: «E' diffici­le, ma chi non ci crede fa meglio a non correre. Sogno il miracolo». De Gendt: «Non penso di farcela, con questo distacco, ma di certo proverò fino all'ultimo metro». E gli italiani? Troppo tardi, per il po­dio.

Solo posti in piedi.

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