Il livornese Allegri, il fiorentino (nato a Certaldo) Spalletti e il napoletano aretino Sarri. Nato a Napoli, quest'ultimo, ma solo perché il papà vi si trovava per lavoro: poi, dai tre anni in avanti, il trasferimento in Toscana e l'inconfondibile parlata che adesso lo caratterizza. Saranno loro tre i principali protagonisti del fine settimana calcistico: cominceranno i primi due sfidandosi domani sera a San Siro, quindi toccherà al tecnico del Napoli rendere visita alla Fiorentina (guarda caso) domenica. Sarà un weekend caldo per tutti, inutile quasi sottolinearlo. Con una buona fetta di scudetto in palio, ma anche di possibile accesso alla Champions. Sullo sfondo, non solo il risultato finale di questa stagione ma pure riflessi sulla prossima. Perché nessuno può essere certo di nulla, nonostante i contratti in essere. Prendiamo Allegri, per esempio: ha detto e ribadito più volte di stare bene a Torino e di non immaginarsi altrove almeno per adesso, avendo un accordo fino al 2020 blindato pure da Marotta. Però, fuori dalla Champions e con il tricolore che potrebbe anche scivolargli via dalle mani, sarà meglio non escludere ribaltoni: già lo scorso giugno il tecnico livornese si era preso un paio di giorni di tempo per decidere se proseguire la sua avventura in riva al Po, lo stesso è altamente probabile accada quest'anno. In attesa di un colloquio tra le parti, la piazza ha intanto dato nei giorni scorsi qualche segnale di irrequietezza quasi sia scontato vincere ogni anno: alla lunga, una pressione che può logorare chiunque.
La stessa che ovviamente, in una posizione diversa, sentono anche Sarri e Spalletti. Il primo, non più tardi di domenica sera, dopo avere violato lo Stadium, non se l'è sentita di dire chiaro e tondo che guiderà il Napoli anche nel 2018/19: «La mia permanenza non dipenderà da come finirà il campionato, ma da come mi sentirò. Se capirò di poter dare anche più del mio cento per cento per fare felice il nostro popolo, rimarrò molto volentieri. In caso contrario, deciderei altrimenti». Più chiaro di così, non si può. Con il massimo rispetto per l'onestà del ragionamento e per il timore di non riuscire eventualmente a garantire il top delle proprie energie psicofisiche in una piazza come minimo particolare. Così come particolare è anche la Milano di sponda nerazzurra: l'Inter è pazza per definizione, lo sanno benissimo i propri tifosi e se n'è accorto pure Spalletti.
Cui è stata chiesta la qualificazione in Champions, certo che sì: raggiunto quello (ma al momento la squadra è quinta in classifica, sia pure sotto di un solo punto rispetto alla quarta piazza), non dovrebbero esserci dubbi sul prosieguo del rapporto. In caso contrario, chissà.
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