Esattamente 100 anni fa, il 15 settembre 1919, nasceva a Castellania il campionissimo Fausto Coppi. L'airone, l'uomo solo al comando, in poche parole il più grande corridore della storia del ciclismo. Il più forte, concordano tifosi e addetti ai lavori, è stato Eddy Merckx. Ma questa è un'altra storia. L'attenzione degli sportivi italiani è tutta per Coppi, eroe tragico spentosi ad appena 40 anni a causa di una banale - ma non a quei tempi - malaria, diagnosticata in ritardo dal suo medico di fiducia. Un po' di chinino e il suo magnifico naso adunco, e le sue gambe da fenicottero, avrebbero continuato a spingere eleganti sulle pedivelle della vita.
Di Coppi si è detto tutto. Le origini contadine, il primo lavoro da garzone di un salumiere, la gavetta da ciclista "indipendente", la guerra e la prigionia, la Cuneo-Pinerolo, i 5 Giri d'Italia, i 2 Tour de France, i 5 Lombardia, la "Dama bianca" Giulia Occhini e tutto il resto. Ma c'è un episodio scolpito nella memoria e del cuore degli appassionati: lo scambio della borraccia con l'amico-nemico Gino Bartali. L'episodio, immortalato da un fotografo durante l'ascesa al Col du Galiber al Tour del 1952, è passato alla storia come un gesto di fair-play, concetto di cui oggi è imbevuta la retorica della narrazione sportiva ma che ai tempi di Coppi&Bartali non era solo sconosciuto, ma regolarmente tradito. Quello scatto, pubblicato sulla prima pagina dello "Lo sport illustrato", mitico settimanale sportivo del dopoguerra, è uno dei più famosi e citati della storia dello sport, forse addirittura il più celebre in assoluto.
Giusto ricordarlo, sacrosanto mostrarlo a più piccini per spiegare loro la differenza che passa tra nemici e avversari. Ma nemici, Coppi&Bartali, lo erano davvero. Almeno sulle strade polverose a cavallo della guerra. E lo erano ancora di più nel 1952, anno riportato negli almanacchi del ciclismo come quello della seconda doppietta Giro-Tour di Fostò, come lo chiamavano i francesi "che si incazzano" (canterebbe l'immenso Paolo Conte). In quegli anni, al Giro di Francia partecipavano le selezioni nazionali, non i team come oggi. Dunque Gino&Fausto erano in squadra assieme. Due galli nello stesso pollaio, insomma, protagonisti di una rivalità alimentata dall'opinione pubblica italiana, spaccata a metà tra coppiani e bartaliani. Spesso le discussioni finivano a schiaffi. E sui muri delle grandi città, come dei paesini di provincia, era una gara all'ultima pennellata tra "W Coppi" e "W Bartali".
Come rasserenare gli animi della gente e stemperare le tensioni tra Gino e Fausto? Il fotografo Carlo Martini, che seguiva la corsa quel 4 luglio 1952 (tappa Losanna-Alpe d'Huez), ebbe un'idea geniale: immortalarli mentre uno passa il "bidone" all'altro. Nient'altro che la borraccia, il francese "bidon". I due, in un raro momento di stanca della corsa, si fanno convincere. Clic. Quattro-cinque volte. Il pulsante della macchina fotografica di Martini stampa sulla pellicola un momento dove si condensa l'essenza dello sport. Ma chi passa la borraccia, anzi, la bottiglia a chi? Si direbbe Bartali, che ha i due portaborraccia occupati, mentre Coppi è a secco.
Il passaggio c'è, ma è forzato, letteralmente inventato per ragioni che si potrebbero definire propagandistiche. E che tolgono in parte l'alone di mito che aleggia su quella foto, straordinario ricordo di una delle rivalità più incredibili di sempre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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