Non si va in Giro senza una buona guida. Si rischia di capirci poco, di ignorare dettagli fondamentali, di dimenticare occasioni importanti. E’ il momento di inventarcene una pratica e veloce, perchè nemmeno ce ne siamo accorti, ma già sabato riparte la carovana rosa della più popolare e popolata manifestazione sportiva italiana.
Ancora una volta, secondo un’abitudine moderna che tende ad allargare orizzonti e bacini d’utenza, sarà uno start da emigranti: per l’occasione all’estremo Nord d’Europa, in Danimarca, città di Herning. Lì il cronoprologo per assegnare la prima maglia rosa. Quindi due tappe in linea e subito un riposo, per consentire il rientro sul suolo italiano. Il mercoledì 9, con la cronosquadre di Verona, si comincerà finalmente a girare davvero per l’Italia, tra borghi e contrade, tra città e vallate, tra lungomari e montagne, ma soprattutto tra antiche tradizioni e nuovi costumi, tra eccellenze e miserie, tra arte e cementificazione, tra modernità e arretratezza, tra speranze e rassegnazione, vagando cioè nell’anima vera del Paese, fino ai suoi meandri più nascosti e defilati, fuori dai coni di luce delle grandi cronache, colpevolmente sempre concentrati sul vissuto metropolitano.
E che viaggio sarà, questo dell’edizione 2012? Tecnicamente, è il primo Giro dell’era post-Zomegnan, il patron del rilancio e di qualche bella invenzione, a parte l’impresentabile pensata del Girino facilino proprio nell’anno del Centenario (colpa incancellabile). Subentra Michele Acquarone, giovane manager di Sanremo, uomo aziendale della famiglia Rcs-Gazzetta. E’ al primo tentativo, gli resta addosso qualcosa già impostata da Zomegnan prima di lasciare, tra le altre la partenza danese, dunque gli va concessa qualche attenuante (purchè non passi il giochino che i meriti sono della sua nuova gestione e le colpe del vecchio Zomegnan).
Questa prima proposta, detto papale papale, non è da delirio. Sicuramente non ci vorrà molto per migliorare nei prossimi anni. Il Giro di transizione si porta dietro tutti i limiti delle transizioni: con la testa rivolta al futuro, poca grinta sul presente. Così, tanto per cominciare, subito un percorso piuttosto anonimo e invertebrato: poche difficoltà, tutte concentrare alla fine, dopo due settimane di noia mortale (tappone vero il sabato 26, vigilia di Milano, con Tonale, Mortirolo e arrivo sullo Stelvio, anche se il Mortirolo è troppo lontano dall’arrivo). In questo senso la svolta è storica: dopo aver faticosamente costruito il suo mito di “Corsa più dura del mondo nel Paese più bello del mondo“, trasformato giustamente in spot pubblicitario, il Giro decide di martellarsi sugli alluci presentando una fotocopia rosa del Tour, che come sappiamo non brilla per crudeltà del tracciato (anche quest’anno, in Francia decideranno i cento chilometri di cronometro). Il problema vero è che il Tour compensa la mancanza di crudeltà nel percorso con la presenza di tutti gli attoroni presenti su piazza. Al Giro invece questo non riesce: data l’assenza di Contador al Tour per la nota squalifica, i due big Evans e Schleck junior penseranno soltanto a sfruttare questo vuoto per portarsi a casa la maglia gialla. Con loro, il nostro Nibali, numero uno italiano con una gran voglia di misurarsi ai massimi livelli. Dunque, in Italia avremo un cast piuttosto rabberciato. Subito i veri big: Basso (un solo risultato utile: la vittoria), Schleck senior, il giovane talento ceco Kreuziger, Joaquin Rodriguez, Gadret, tutti in fila a sfidare l’altro azzurro Scarponi, secondo - dunque primo per la squalifica di Contador - l’anno scorso, al via con doveroso numero 1.
Per fortuna (del Giro, dei tifosi lungo le strade e di chi lo seguirà tutti i pomeriggi con i leggendari commenti del Dream Team Rai) la forza di questa corsa sta tutta in se stessa, con il suo peso sportivo e sociale, così da trasformare qualunque volto in transito sul palcoscenico in un protagonista amatissimo. E comunque: ci sono alcuni Giri nel Giro altamente qualificati, come quello dei cacciatori di tappe (Cunego, Pozzato, Ballan, Flecha), quello degli sprinter (un vero Mondiale: Cavendish, Goss, Ushovd, Farrar, Bos, Renshaw, Modolo, Guardini), senza trascurare l’interessante nursery dei baby (Ulissi, Battaglin, Felline).
Questo il menu già scritto. Ma poi il Giro sa improvvisare le novità e le emozioni più imprevedibili strada facendo, a mano libera. Da oltre cent’anni, il Giro ha molta più fantasia di chi lo organizza, di chi lo corre e di chi lo racconta.
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