Un'emozione più forte di quando vincevo io

D opo la prima vittoria in coppa di Federica, in tantissimi mi hanno chiesto cos'ho provato e io non ho fatto che rispondere a tutti «tanta gioia, per lei». Perché cos'altro può desiderare una madre se non la felicità dei figli? Ma ora che sono davanti al computer e mi rifaccio la domanda, rispondo diversamente. Quel che ho provato è stato un senso di liberazione, perché era da anni che Fede inseguiva la vittoria, sfiorata tante volte, ma sempre sfuggita. Sembrava non ce la dovesse fare mai, era spesso fra le migliori, sì, ma anche nelle sue giornate di grazia ce n'era sempre almeno una più brava di lei. E allora i dubbi crescevano, come la paura di non essere in grado di raggiungere la vittoria.

Ieri, durante la seconda manche, quando ho sentito quel momento così vicino, ero talmente tesa che guardavo e non vedevo, solo le urla dei tifosi mi dicevano come stava andando, la luce verde sul grande schermo mi dava conforto, ma lei, che volava coi suoi sci sul ghiaccio, era solo un'ombra sfumata fra le lacrime. Poi è finita. Aveva vinto davvero. E ora le dico grazie per l'emozione che mi ha dato, nettamente superiore a quella provata quando a vincere ero stata io.

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