Universitari, lo stop è la fine della carriera

Pochissimi diventano pro. Per gli altri lo sport dura 4 anni, come il ciclo di studi

Universitari, lo stop è la fine della carriera

Campionati rinviati, tornei cancellati. Quel che non si gioca questa settimana si potrà giocare più avanti, ma c'è una categoria di atleti per cui la sospensione delle attività sportive ha voluto dire la fine della carriera: sono gli atleti universitari, in particolar modo quelli americani, giunti al quarto anno di pratica. Il sistema di college concede infatti agli studenti-giocatori, come vengono chiamati laggiù, un numero di stagioni di attività pari a quello degli anni di studio, con eccezioni solamente in caso di infortunio grave o impedimento fuori dal comune: Case Keenum, ora quarterback nella Nfl, arrivò al college nel 2006 e finì la sua carriera da giocatore solo nel 2011. Sono però casi rari, che devono essere certificati dalla Ncaa, ovvero l'organismo centrale dello sport universitario.

La normalità è che non si possa andare oltre al quadriennio: e dunque per chi doveva giocare per l'ultima volta nella primavera del 2020, come ad esempio gli atleti del baseball, il rinvio del torneo ha voluto dire la fine improvvisa della carriera, anche perché la percentuale di chi poi diventa atleta professionista è irrisoria. Ecco perché quello che è avvenuto il 4 marzo scorso al Patrick Gymnasium di Burlington, nel Vermont, ha avuto un significato speciale.

Si giocava Vermont-Albany, ultima giornata di regular season della American East, uno dei tanti raggruppamenti del basket di college, e in campo, assieme a quattro titolari, è entrato Josh Speidel, un ragazzo di 23 anni, alto 2.01, con un taglio di capelli molto corto e un paio di vistosi occhiali retti da un elastico. Palla a due vinta da Albany, che segna facilmente ma sull'azione successiva si ferma, permettendo ai quattro titolari di Vermont di passarsi la palla per recapitarla poi a Speidel, che pareggia appoggiando al tabellone. Il gioco si ferma, Speidel abbraccia i compagni e l'allenatore John Becker ed esce, tra gli applausi commossi del pubblico. Cos'era successo? Semplice, e commovente. Giocatore molto promettente, dopo una bella carriera in un liceo dell'Indiana, Speidel nel febbraio del 2015 stava uscendo con la sua auto da un fast-food quando era stato violentemente colpito da un'altra vettura, e sbattendo la testa contro la porta aveva subito gravi danni, restando in coma per un mese e perdendo a lungo la mobilità e l'uso della parola. Mentre era in ospedale aveva ricevuto la visita di coach Becker, che aveva garantito la borsa di studio nonostante la fine prematura della carriera del ragazzo.

Che a Vermont è arrivato un anno dopo il previsto, ha seguito un corso di studi speciale ottenendo ottimi voti, si è seduto in panchina varie volte per far parte del gruppo e ha poi avuto la soddisfazione di quel canestro. Appena in tempo: ancora pochi giorni e la Ncaa avrebbe cancellato la stagione per via del coronavirus, togliendogli quell'unica, importante soddisfazione.

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