La vergogna di Serena spegne le luci alla Osaka

La Williams cede alla prima giapponese regina di uno slam e va fuori di testa insultando l'arbitro

La vergogna di Serena spegne le luci alla Osaka

Quando la vittoria arriva nel giorno «sbagliato». Non può che essere così se il trionfo di una vita viene rovinato dalla follia di Serena Williams. Perché la finale dello Us Open 2018, volente o nolente, passerà alla storia per la sfuriata della 36enne americana, che puntava a vincere il 24° Slam ed eguagliare la primatista assoluta Margaret Court. Quella che avrebbe potuto essere la notte del record della più forte delle Williams, si è tramutata nella notte della vergogna, della patetica sceneggiata. Una caduta di stile che ha messo in secondo piano, purtroppo, il favoloso cammino di Naomi Osaka, prima tennista del Sol Levante a conquistare un torneo dello Slam.

In quel di New York è stata scritta un'altra pagina di storia, dunque. Peccato che non sia andato tutto per il verso giusto. Colpa di quella diatriba verbale tra Serena e il giudice di sedia, il portoghese Carlos Ramos, etichettato dalla Williams come «ladro» e persino «sessista». Per il suo comportamento sopra le righe, ieri Serena è stata multata dall'Associazione americana di tennis per 17.000 dollari. Tutto ciò ha oscurato la scena della Osaka, da oggi salita al n°7 del mondo, che ha vinto, anzi stravinto la finale. Non ci sarebbe da sorprendersi se in queste ore la Osaka si stia ancora chiedendo come è possibile che sia successo davvero. Eppure, nelle due settimane che gli hanno rivoluzionato il mondo, la Osaka è riuscita a ritagliarsi quei cinque minuti che sognava da una vita. «Quando Serena mi ha abbracciato, sono tornata un po' bambina», la frase al miele verso la Williams, suo idolo fin dalla nascita. E ora che l'ha battuta, anzi demolita, 6-2 6-4 il punteggio, nonostante i fischi dei 24.000 scalmanati dell'Arthur Ashe Stadium, nonostante le sfuriate, i warning e l'arbitro, ha dimostrato di saper mantenere la calma; e ora, dopo aver vinto pure a Indian Wells, può coltivare sogni sempre più in grande. Una predestinata che, tra l'altro, è cresciuta proprio negli States: classe '97, questa ragazza di carnagione scura con gli occhi a mandorla che è fredda e glaciale in campo ma timida e riservata fuori, figlia di un papà haitiano e di mamma giapponese, della quale porta il cognome, vive in Florida dall'età di tre anni, quando si è trasferita con la famiglia per rincorrere una pallina da tennis e seguire le orme del suo mito, appunto Serena. Fino a spezzarle i sogni di record. Merito anche del suo coach, Sascha Bajin, che è stato per anni lo sparring partner della Williams. «So che facevate tutti il tifo per Serena ha detto emozionata quasi scusandosi con il pubblico di casa -. E' sempre stato il mio sogno affrontare Serena a una finale dello Us Open. Grazie Serena di aver giocato con me».

Ma se negli States e in Occidente si parla soltanto della sfuriata della Williams,

in Giappone sono tutti impazziti ed estasiati. Il clima è di festa, tant'è che il primo ministro Shinzo Abe ha ringraziato Naomi di «aver dato forza e ispirazione a tutto il Paese». Per Osaka, un ritorno a casa da regina.

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