Ottobre, andiamo, è tempo di giocare. Giocare la World Series, ovvero la finale della Major League Baseball, la lega americana più antica e più legata alla tradizione. 2430 partite di regular season più 30 di playoff hanno promosso Houston Astros e Washington Nationals: serie al meglio delle sette partite, con le prime due in Texas nella notte tra oggi e domani e tra domani e giovedì, un giorno di viaggio poi tre sfide a Washington e ritorno a Houston, se la serie non si chiuderà prima.
Due mondi diversi, non solo geograficamente: Houston, già campione nel 2017 ed eliminata lo scorso anno solo da una strepitosa Boston, è una macchina studiata e costruita con lucidissima progettazione, tanto che un lungimirante articolo della rivista Sports Illustrated ne aveva previsto con esattezza il titolo nel 2014, quando la squadra era davvero povera di talento ma la dirigenza aveva delineato le linee da seguire.
Washington, invece, arriva alla sua prima finale nella stagione in cui ha dovuto salutare il suo miglior giocatore, l'esterno e fuoricampista Bryce Harper, che dopo sette anni aveva preferito trasferirsi a Philadelphia. Un paradosso ma nemmeno troppo, visto che l'organico era comunque di buon livello, ma restava un ostacolo psicologico pesante: pur essendo secondi per numero di vittorie in regular season tra il 2012 e il 2018, infatti, i Nationals fino a quest'anno non avevano mai vinto una serie di playoff. I motivi erano stati sempre diversi ma ricondotti, nella narrazione locale e nazionale, alla mancanza di attributi. Ora non più, e la finale torna nella Capitale a 86 anni di distanza da quella del 1933, persa contro i New York Giants. Ma quella squadra era diversa, erano i Washington Senators, che nel 1961 divennero i Minnesota Twins, sostituiti dai Washington... Senators, cioè un nuovo gruppo che aveva ereditato il nome. Se ne andarono anche loro, diventando nel 1971 i Texas Rangers, e Washington rimase senza squadra fino al 2004, quando ricevette gli ex Montreal Expos, spariti dopo 35 anni di attività. Sì, non ci si capisce niente, anche perché sommandole tutte sono alla fine otto le squadre che hanno fatto baseball professionistico a Washington, e questa, finalmente, ha ridato motivo di soddisfazione.
Problema: Houston è fortissima. Ha lanciatori fenomenali e giocatori che a turno possono risolvere le partite.
Come ha fatto in gara6 di semifinale, contro i New York Yankees, il seconda base José Altuve, un seconda base di 1.68 che in battuta e in difesa sembra un gigante: fuoricampo e festa, forse non l'ultima di questi giorni.
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