nostro inviato a Cherasco
Il Baronetto è già a casa, davanti al camino, con la vestaglina di flanella e le babbucce del nonno. Curerà la bronchite con sciroppi e olii essenziali, magari raccontando di aver perso il Giro d'Italia per colpa dei malanni. Ma la verità è un'altra: i malanni, certo verissimi, sono arrivati dopo. Prima, molto prima, a partire dai primissimi chilometri, Wiggins ha accusato Nibali più dei virus. Se il messinese, uomo di sole e di mare che sguazza nelle intemperie come un vero Rain Man, se questo nostro campione in maglia rosa alla fine vincerà, nessuno dovrà permettersi di sminuirne l'impresa, ricordando il ritiro di Wiggins (e pure di Hesjedal, vincitore dell'anno scorso), neanche fosse una vittoria dimezzata. Nibali, o chiunque vincerà al posto suo, potrà dire con pieno diritto di aver battuto Wiggins (ed Hesjedal) prima delle malattie, molto prima delle malattie, direttamente sulla strada, in salita, in discesa, persino a cronometro. Basta rivedere il film dall'inizio, sta tutto lì nero su bianco. E' storia, non sono chiacchiere.
Alzando i tacchi, Wiggins - che gli Inguardabili del "Processo" hanno sistematicamente dipinto come grande antipatico solo perché non è mai salito ad arruffianarseli -, proprio Wiggins regala al Giro parole che sanno di signorile omaggio: «Fa davvero rabbia fermarsi in questo modo, perché sono venuto qui per fare molto di più. Ma il medico ha detto: ora basta. Il mio Giro finisce qui. E' la corsa più difficile del mondo. Ho un grande rispetto per questa gara: per quanto è dura, per la sfida che rappresenta. Io continuo ad amare il Giro proprio per questo. E nonostante tutto conservo anche bei ricordi. La gente mi ha accolto splendidamente e francamente non me lo aspettavo. Mi piacerebbe tornare l'anno prossimo. Il Giro è grande, amo farne parte».
Nell'accompagnarlo alla porta, il suo potente squadrone Sky esprime tristezza e rincrescimento. Difficile però non udire sullo sfondo tappi di champagne che saltano e musiche sudamericane che impazzano. E' la colonia colombiana del team che partecipa al mesto momento del capitano. Vanno capiti, Uran Uran e il suo fedele gregario Henao: adesso non servono più imboscate e carognate per portare a termine il golpe. Wiggins si è tolto di mezzo da solo, il loro Giro può cominciare. Uran Uran (non sono balbuziente: si chiama così perché padre e madre hanno lo stesso cognome) può affrontare le grandi montagne da capitano vero, senza più fingersi devoto al Baronetto, travestendosi da maggiordomo. Rimossa la carcassa del padrone, Uran (ne abolisco uno per comodità) avrà però la vita molto complicata, perché un conto è fare la spalla, un altro è ritrovarsi addosso tutto il peso della responsabilità. Quando si vive tutta una vita da rospo, scoprirsi principe può comportare qualche problema di assestamento. Lo vedremo già oggi, questo nuovo principe Sky: in cima allo Jafferau, passando per il Sestriere, con serio rischio neve in alta quota. Lo vedremo e lo peseremo anche domani sul Galibier, avvertendo già la sensazione che comunque sarà più sinistro e più insidioso del Baronetto costipato.
In ogni caso, è tutto lavoro semplificato per Nibali. E pure per gli Evans, per i Gesink, per gli Scarponi, cioè per i rivali diretti di classifica. L'idea di marcare due punte Sky non era simpatica: meglio concentrarsi su un uomo solo, l'inquietante maggiordomo. Dice la nostra maglia rosa: «Ho avversari troppo vicini. Mi piacerebbe guadagnare ancora un po', se possibile. Magari vincendo una tappa».
Avanti verso le bufere e le tormente. Il Giro non finisce con Wiggins, purtroppo o per fortuna. C'è ancora molto lavoro da fare. C'è pure un maggiordomo di mezzo.
P.S.: prosegue con clamoroso successo la pubblicazione del nostro corso d'inglese a dispense, per seguire meglio il Giro sui moderni canali Rai. Lesson three: "Maglia rosa group". Traduzione: "Gruppo maglia rosa".
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