Scusate la domanda prima della notizia: è la volta buona? Maurizio Zamparini, classe 1941, nato a Palmanova, imprenditore, re dei centri commerciali, creati, sviluppati e poi ceduti, avrebbe mollato il Palermo. Il condizionale è d'obbligo perché il vulcanico mangia-allenatori minaccia di terminare il suo rapporto con la società siciliana, acquistata da Franco Sensi il 21 luglio 2002, dal lontano 2010. Per protesta, allora, denunciando gli ennesimi torti arbitrali. Nel 2017 c'era anche riuscito, ma l'ex Iena Paul Baccaglini è durato da marzo a luglio. «Con un nodo in gola» scrive il proprietario «ho firmato la mia uscita dalla società». Il nuovo padrone sarebbe un fondo - e cosa se no? - britannico che ha sborsato il prezzo simbolico di 10 euro. Inoltre è stata ceduta la Mepal, che possiede il marchio, «con impegno al pagamento a saldo del credito residuo del Palermo di 22.800.000 che entreranno nelle casse sociali per un garanzia serena di gestione economica».
Accettiamo, con beneficio d'inventario, l'addio di Zamparini. Un presidente dell'altro mondo, in tutti i sensi pure ufologico: in un suo terreno a Merlana di Bagnaria Arsa, il paese delle sue radici, nel 2010, comparvero misteriose forme geometriche di 50 metri di diametro, ben visibili dall'alto, i crop circles apparsi negli anni un po' in tutto il pianeta. Per la gente di buon senso opera di burloni, per tanti altri segnali alieni da decifrare.
E un po' alieno, nel calcio italiano, è stato anche Maurizio Zamparini, in equilibrio tra ribellismo contro i poteri forti, che non si negano a nessuno, e tremendismo esistenziale. Sposato due volte, si è spostato dal Friuli nel Varesotto, a Vergiate, dove ha sede il suo gruppo. Un irrequieto, facile all'ira, espressa con quella sua voce aspra. Sovente usata per licenziare i dipendenti. Un orco delle panchine, Zamparini: in trent'anni ne ha avute 59 diverse, 29 al Palermo; 45 volte le ha divorate. Il record nella stagione 2015-16: 8 cambi, ma solo 7 allenatori. Quasi tutti cacciati senza aver visto le partite. Allo stadio andava poco, spesso, durante i novanta minuti si faceva portare in giro per la città dall'autista.
Ha tentato un'avventura politica, senza replicare le straordinarie plusvalenze del Palermo: Toni, Amauri, Pastore, Cavani, Dybala, Sirigu, Darmian, Barzagli, Grosso, Balzaretti, un red carpet del pallone al Barbera. Ma la città non l'ha mai amato, finendo per odiarlo. E lui ha ricambiato. Per Zamparini non è mai esistita, la città è la squadra. Non quello che c'è attorno.
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