C'è un bronzo che vale più di oro e argento e fino ad oggi lo aveva capito solo Orazio, il grande poeta latino. Da ieri la lezione della classicità l'ha imparata anche Armin Zoeggeler, cogliendo un risultato da annali che fin dalla prima run, era già scritto, sul ghiaccio del Sanki centre, nelle montagne di Krasnaya Poliana, là dove il Monte Aibga, dall'alto dei suoi 2200 metri, butta la sua ombra. La medaglia di questa Olimpiade per Armin Zoeggeler brilla più forte del tempo. Bronzo, sì, ma un metallo che stavolta vale ben più dell'oro. Perché nessuno mai, sia nei Giochi invernali che in quelli estivi, aveva mai vinto sei medaglie di fila. Armin sono 20 anni che non scende dal podio. Da Lillehammer, quando era poco più che un ragazzo di Foiana destinato a grandi cose. Ed è bronzo come a Vancouver 4 anni fa, quando in ogni caso Armin, quell'uomo dal profilo antico, era già un eroe da leggenda. E ora, a 40 anni da poco compiuti, la sua storia infinita aggiunge un altro sigillo all'argento di Nagano e ai due ori di Salt Lake e Torino. Così c'è già chi gli sussurra che sì, ai prossimi Mondiali, nel 2015, nell'amato catino di Sigulda si potrebbe proprio fare. Si vedrà. Intanto lui si gode la medaglia e il trionfo statistico. Dice: «Avevo continuamente ripassato mentalmente tutta la pista, anche perché quando non funziona qualcosa come voglio, divento una bestia... Questa è stata una gran bella gara, la più bella con quelle di Torino e Salt Lake...». Quindi spiazza tutti due volte. La prima: «Che farò adesso? Mi fumerò un sigaro con gli allenatori»; la seconda: «Sì, sì, ho un buon rapporto con la slitta... dopo mia moglie Monika è la persona con cui parlo di più».
Dunque la tentazione di andare avanti è forte ma la ricerca dell'elisir di giovinezza non sempre ha portato fortuna agli eroi. Prendi George Hackl, il campionissimo tedesco, oggi allenatore, è stato il primo ad applaudire Armin, pur a muso duro: fino a ieri era lui il più vincente slittinista con cinque medaglie in cinque Olimpiadi. Armin ha alzato l'asticella diventando per l'Italia della neve anche il nuovo record man olimpico accanto a Eugenio Monti ma dietro alle signore - ladies first - Stefania Belmondo a quota 10 e Manuela Di Centa a quota 6.
I nomi oggi però sono altri. L'oro è finito al collo del 24enne tedesco Felix Loch, che ha fatto bis dopo Vancouver. Argento al russo Albert Demchenko, chiamato a difendere l'onore del Paese ospite. Loro hanno dominato, mai invertendosi i ruoli, le 4 run intervallate da una notte. Già perché la generazione è davvero cambiata e se Zoeggeler ha scritto la storia, Loch si occupa di cronaca: lui ha inventato un nuovo modo di lanciarsi nei budelli di ghiaccio. Un paio di grinze sono invece costate a Zoeggeler la perfezione sulle 17 curve di una pista che Armin ha da subito amato molto: «È una sorta di somma di Cesana Pariol, Nagano e Whistler mountain». Curva sette e curva 11 le più ostiche. Ottima invece la partenza che da sempre è il tallone di Armin. Zoeggeler ha festeggiato rivolgendosi nella confusione e nell'euforia prima alla tribuna tedesca che ha risposto inchinandosi al campione. La festa vera però è proseguita dopo è ha coinvolto anche Fischnaller, che di Armin è già l'erede.
Fisch ha chiuso 6° dopo aver condotto le due run della vigilia e la terza di ieri sempre all'attacco e in rimonta. Se non fosse stato per un'incertezza alle ultime curve la sua quarta run non sarebbe stata inferiore a quella del maestro. L'allievo non ha ancora superato il maestro. Ma la storia può continuare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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