C'era bisogno di un altro libro sulla musica dei neri d'America? Dopo aver letto La storia della Black Music (Hoepli, pagg 319, euro 32,90) di Roberto Caselli, avrete la risposta. Il tema è talmente ricco di spunti di riflessione da divenire frequente oggetto di studi accademici, oltre che finire al centro di saggi divulgativi in larga parte semplicistici o verbosi. Di rado mi è capitato di leggere una monografia sulla musica afroamericana realizzata con altrettanta chiarezza e abbondanza di informazioni come La storia della Black Music.
In principio erano i blues e gli spiritual, verrebbe da dire. E Caselli, con la sua notevole esperienza di giornalista musicale presso Radio Popolare e le riviste Hi Folks! e Jam, non se ne dimentica. L'autore analizza l'evoluzione di questa musica con gli strumenti dello storico e la passione dell'ascoltatore. Partendo dalle sofferenze degli schiavi strappati alla madre Africa, Caselli ne traccia la traiettoria di affrancamento dalla condizione di esseri umani di secondo livello a quella di cittadini a pieno titolo degli Stati Uniti.
Per rendere il messaggio più digeribile, Caselli fa spesso ricorso a citazioni celebri, come quando riporta le parole di Jomo Kenyatta, primo presidente del Kenya e convinto anticolonialista: «Quando sono arrivati i bianchi, avevano con loro soltanto la Bibbia, mentre noi avevamo le nostre terre. Ci hanno insegnato a pregare con gli occhi chiusi: quando li abbiamo riaperti, i bianchi avevano le nostre terre e noi avevamo la Bibbia». E la storia dei primi afroamericani è indissolubilmente legata al Vecchio e al Nuovo Testamento, testi sacri in cui trovarono la speranza in una vita migliore e qualche assonanza con antichi riti animisti.
Ricco di contenuti multimediali per esempio, l'uso del QR code per poter ascoltare in tempo reale brani storici di cui l'autore parla in un determinato momento e la possibilità di consultare online capitoli di ampliamento questo volume può essere la porta d'accesso al meraviglioso mondo della musica nera, ma risponde soprattutto agli slanci di approfondimento di chi già dispone di un'infarinatura della materia e vuole saperne di più.
Caselli ci offre una carrellata esaustiva che comprende canti di lavoro, spiritual, blues del Delta, blues di Chicago, swing, bebop, R&B, soul, discomusic, hip hop, trap, attraverso figure iconiche come Odetta, Robert Johnson, Howlin' Wolf, Muddy Waters, Jelly Roll Morton, James Brown (nella foto), Otis Redding, Billie Holiday, Charlie Parker, Nina Simone, Isaac Hayes, Tupac, Run DMC, Beyoncé, Dr. Dre.
Un plauso all'accorata prefazione del cantante e deejay americano ormai accasato in Italia, Ronnie Jones, che ha scoperto presto che tipo di difficoltà in più sia nascere con la pelle nera, lui che fin da ragazzino ha eletto a suo cantante preferito Frank Sinatra, non un dettaglio insignificante: la Black Music non sarebbe tale se non ci fossero state la musica e la cultura dei bianchi. Altrimenti, sarebbe «musica africana». Che è tutt'altra cosa.
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