Il 2022 è stato l'anno che in Irlanda del Nord ha segnato la fase più dura delle divisioni politiche tra una fetta grossa della popolazione dell'Ulster e il governo britannico. Il voto del 5 maggio caduto nel quarantunesimo anniversario della morte di Bobby Sands nel grande sciopero della fame condotto dai detenuti dell’Irish Republican Army (Ira) secessionista contro il governo britannico di Margareth Thatcher ha visto il sorpasso dei cattolici pro-unificazione con l'Irlanda sui protestanti. Risvegliando pulsioni politiche profonde a mezzo secolo di distanza dall'evento-simbolo del braccio di ferro tra Londra e l'Ira: il Bloody Sunday, la domenica di sangue del 30 gennaio 1972 che mostrò al mondo la gravità della faglia politica nordirlandese.
Quattordici persone rimasero, quel giorno, uccise sulla scia della repressione del Primo Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell'Esercito Britannico che colpì i manifestanti catto-nazionalisti e repubblicani. Nei mesi segnati dallo scontro tra l'Ira e le formazioni paramilitari unioniste Ulster Volunteer Force (Uvf) e all'Ulster Defence Association (Uda) le autorità britanniche avevano imposto un giro di vite politico e militare. Dall'agosto 1971 l'internamento, ovvero l'arresto senza processo, di cittadini irlandesi considerati pericolosi: 21 persone morirono negli scontri tra polizia e manifestanti quel mese. Undici furono uccise nel solo capoluogo Belfast.
Nei mesi successivi l'attività dell'Ira prese di mira particolarmente Derry, città ritenuta simbolica nel dualismo cattolici-protestanti: a pochi passi dal confine tra Ulster e Repubblica d'Irlanda, con la vecchia città cinta da mura ubicata sulla riva occidentale del fiume Foyle simbolo dell'arroccamento britannico nell'Isola celtica, Derry era stata assediata dalle truppe inglesi nel Seicento e la Cattedrale di San Colombano recava l'epigrafe: "Se le pietre potessero parlare allora risuonerebbero l'elogio di Londra a chi costruì questa chiesa e la innalzò dal terreno". Un simbolo del dominio britannico a cui i nazionalisti nel 1969 si erano ribellati costituendo la Free Derry, una sorta di zona franca dal potere britannico in opposizione alle logiche politiche che, sfruttando la costruzione ad hoc di collegi elettorali ad uso e consumo dei protestanti, consentivano ai filo-britannici di governare agilmente la città.
Chiamata Londonderry dai britannici, la città era dunque attraversata da un clima di guerra civile latente. Chi provava a mediare tra le truppe Ira che si annidavano nella Derry "libera" e nel quartiere cattolico del Bogside e le autorità britanniche era il Social Democratic and Labour Party (Sdlp), formazione di Sinistra che aveva come emanazione l'Associazione per i Diritti Civili dell'Irlanda del Nord (Nicra) che per il 30 gennaio aveva convocato una manifestazione di pace. In un clima di altissima tensione, con l'Ira che scorrazzava per Free Derry e quest'ultima diventata una no-go zone per la Royal Ulster Constabulary (Ruc), la polizia dell'Ulster e il British Army, i paracadutisti reagirono al corteo in maniera scomposta, aprendo il fuoco in maniera unilaterale e senza alcuna provocazione, uccidendo quattordici persone e ferendone sedici.
Il corteo era stato vietato dalle autorità britanniche, ma tra le 20 e le 30mila persone si riunirono lo stesso nel centro di Derry per chiedere la fine degli internamenti arbitrari. La tensione e il timore di connessioni con i guerriglieri di Free Derry spinse il Generale Robert Ford, allora Comandante dell'esercito nordirlandese, a inviare il rimo battaglione del Reggimento Paracadutisti a Derry per supportare la polizia. La reazione eccessiva dei parà britannici del tenente colonnello Derek Wilford fu dettata dal timore che i rivoltosi si annidassero tra i protestanti più esagitati. Non a caso, quando il corteo attraversò Rossville Street, nel Bogside, il lancio di pochi sassi da parte del corteo aprì la strada alla durissima reazione dei militari britannici. In breve tempo fu strage.
Buona parte delle vittime erano studenti tra i 17 e i 21 anni. Il 2 febbraio 1972, giorno in cui dodici delle vittime furono sepolte, ci fu uno sciopero generale nella vicina Repubblica d'Irlanda, il più grande del secondo dopoguerra in Europa. Da Belfast a Dublino, Chiese, sinagoghe e parrocchie divennero epicentri di critica al governo inglese e ai militari. Per l'Irlanda del Nord sarebbe iniziato l'anno dei Troubles, un vero e proprio conflitto civile a bassa intensità fatto di attentati, sparatorie e attacchi a funzionari britannici che costò alla regione quasi 500 morti in un anno. Fece molto scalpore la concessione a Wilford dell'Ordine dell'Impero Britannico da parte di Elisabetta II, che agli occhi dei nazionalisti dell'Ulster inimicò la figura della sovrana. Da Paul McCartney ai Black Sabbath, da John Lennon agli U2, molti artisti avrebbero immortalato nelle loro canzoni il tragico giorno di sangue di Derry, quel Bloody Sunday che avvelenò i pozzi nell'Irlanda del Nord aprendo ferite che provocano ancora dolore.
E che all'ombra della Brexit rischiano di riesplodere se verrà meno la garanzia degli Accordi del Venerdì Santo che da quasi venticinque anni hanno posto fine a trent'anni di guerra civile latente in Irlanda del Nord. Aventi nel Bloody Sunday il loro apogeo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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