
Negli ultimi due giorni dell'aprile 1975, Saigon era l'inferno. I viet-cong, alle porte della capitale del Vietnam sostenuto dagli Stati Uniti, avevano messo sotto tiro tutte le piste d’aviazione alla base aerea di Tan Son Nhut, e tutti temevano per la propria vita, temevano la vendetta che i comunisti avrebbero sicuramente riscosso quando la città sarebbe caduta e sarebbe tornata nelle loro mani.
L'unica speranza era la fuga, a bordo di un aereo cargo che poteva saltare in aria nel bel mezzo della pista, o su uno degli elicotteri UH-1 "Huey" che facevano la spola tra la zona verde e le portaerei americane, poggiandosi a terra quei pochi istanti che bastavano a trovarsi riempiti fino alla massima capienza di uomini, donne e bambini che si erano guadagnati un biglietto per la libertà. La guerra era persa, Saigon era persa. L'unica cosa che si poteva salvare, era la pelle. Ma non era una possibilità alla portata di tutti. Anzi, il costo della vita poteva essere quello di separarsi dalla propria famiglia e non rivederla mai più.
L'evacuazione di Saigon in un "clima natalizio"
Quando la stazione radio designata iniziò a trasmettere nel mese di aprile “White Christmas”, il segnale in codice per l’inizio dell’evacuazione, tutti i sudvietnamiti con lasciapassare si diressero verso i luoghi di estrazione prestabiliti in un clima di terrore paradossale per quelle note pacifiche. Si trattava di profili classificati come “ad alto rischio” per via dei loro rapporti con gli americani. Persone che avevano lavorato con il governo e l’esercito lealista del Sud, con la Cia, con l’ambasciata americana e altre organizzazioni straniere: in breve, persone destinate a subire torture, prigionia o la morte certa.
Nelle prime fasi dell’evacuazione su mezzi ad ala fissa, come i capienti C-130, da Tan Son Nhut furono evacuate oltre 50.000 persone. Ma quando le piste furono sotto il tiro dell’artiglieria nordvietnamita, non restò altro che fare affidamento sugli elicotteri militari e quelli di Air America, richiamati all’ordine per eseguire l'Operazione Frequent Wind.
Un tentativo di fuga coraggioso e disperato
Fu in questo caos più totale che un pilota sudvietnamita tentò una fuga coraggiosa quanto audace e disperata, stipando sua moglie e cinque figli su un piccolo aereo, un Cessna O-1 “Bird Dog” con i contrassegni del Vietnam del Sud che aveva trovato sulla pista dell'isola di Con Son.
Decollato con il carburante disponibile e senza meta, il maggiore Buang-Ly stava sorvolando il Mar Cinese Meridionale quando si imbattè in un gruppo di elicotteri americani che si stavano dirigendo “da qualche parte”. Erano gli "Huey" che privi di comunicazioni radio continuavano a fare la spola tra l’ambasciata americana di Saigon e i ponti delle portaerei americane della Task Force 76 che dovevano raccogliere gli evacuati fino a quando fosse stato possibile. Per atterrare dovevano affidarsi ai segnali manuali del personale dell’Us Navy, e molti piloti, specialmente quelli dell’Esercito che aveva inviato dei capienti Sikorsky MH-53 non erano mai atterrati prima su una portaerei o una portaelicotteri.
Il maggiore Buang non era diverso da loro: non aveva mai visto una portaerei né vi era mai atterrato. Quando era decollato su quell’aereo da osservazione e ricognizione con la sua famiglia, si era semplicemente affidato al destino. E fu il destino a fargli incontrare la portaerei Uss Midway appena 30 minuti dopo.
Il ponte della Midway, al cui comando era stato appena assegnato il capitano Lawrenc Chambers, era piena di elicotteri e rifugiati. E quando all’orizzonte apparve il piccolo Cessna con i contrassegni del Vietnam del Sud che iniziò a compiere dei cerchi intorno alla nave, scuotendo le ali per segnalare qualcosa, fu evidente che si trattava di un tentativo disperato. Buang pensò di scrivere un biglietto per gettarlo sulla nave americana e comunicare la sua situazione, in assenza di una radio. E così fece. I primi biglietti volarono via a casa del vento frequente, potremmo dire. Alla fine pensò di scrivere un ennesimo biglietto e infilarlo nella fondina della sua pistola come custodia. Il biglietto scritto a mano con una certa fretta portava il messaggio:
”Potete spostare questi elicotteri dall'altra parte, posso atterrare sulla vostra pista, posso volare per un'altra ora, abbiamo abbastanza tempo. Per favore salvate me, la moglie del maggiore Buang e 5 bambini”
Una volta conosciuta la situazione il comandante Chambers non ci pensò due volte, e anche a costo di finire di fronte alla corte marziale ordinò di fare quanto più spazio possibile per far atterrare quell’aereo. Molti elicotteri vennero gettati in mare per fare spazio, come stava avvenendo su altre navi. Per quanto riguarda Buang, era certo che non aveva mai visto una portaerei prima, e tanto meno era mai atterrato su una. Ma arrivati a quel punto, tanto valeva tentare.
Un appontaggio unico nella storia
Mentre la Uss Midway accelerava a 25 nodi controvento per dare una chance in più di successo al Cassna, ovviamente privo di un gancio d’arresto per un appontaggio, Buang approcciò il ponte come si trattasse di una piccola, cortissima, minuscola pista di terra. Le ruote del carrello rimbalzarono qualche volta, poi, miracolosamente, l’aereo rallentò. Marinai e marines cercarono di tenerlo per le ali in modo che non finisse fuori bordo, e fu allora che dalla cabina di pilotaggio uscirono la moglie di Buang con il figlio più piccolo tra le braccia, e altri quattro bambini.
In appena 48 ore i ponti delle navi americane si affollarono di oltre 7.000 rifugiati, secondo le stime, 1.373 americani e 6.422 stranieri posti sotto la loro protezione. Gli ultimi a lasciare l'ambasciata di Saigon furono undici marines, che decollarono con l'ultimo elicottero che si posò sul tetto dell'ambasciata, con la bandiera a stelle e strisce tra le mani. Non si è mai saputo con precisione quanti milioni di dollari di elicotteri furaono gettati in mare per salvare la vita a quanti fuggivano dalla vendetta dei nordvietnamiti. Ma nessuno finì venne giudicato dalla corte marziale per quell'atto di benevolenza. "Quando un uomo ha il coraggio di mettere la sua famiglia su un aereo e fare una fuga audace come quella, devi avere il cuore di farlo entrare". Aveva affermato il futuro Ammiraglio Chambers quel giorno.
Il maggiore Buang quel 29 aprile 1975 dimostrò un coraggio pari se non maggiore a quello mostrato dai pionieri dell'aviazione navale, uomini come il comandante Edwin H. Dunning, il primo pilota che atterrò su una portaerei in movimento
nel lontano agosto del 1917. Trovando la morte. Il Bird Dog che il maggiore Buang fece atterrare sul ponte della Uss Midway è esposto al National Naval Aviation Museum presso la Naval Air Station di Pensacola, in Florida.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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