Storico vertice tra le due Coree a fine mese

da Washington

Appuntamento a Pyongyang. Non è la sede più comune per un vertice, tanto meno per un summit di «fraternizzazione» fra due Paesi che ufficialmente sono ancora in guerra da cinquantasette anni, da quando cioè la Corea del Nord invase, nel giugno del 1950, la Corea del Sud. Tre anni di combattimenti, mezzo secolo di armistizio con le armi al piede. E ora un tavolo comune, se non proprio un abbraccio, in calendario dal 28 al 30 agosto nella capitale dell’ultimo regime comunista integrale al mondo, soprannominato da decenni il Regno Eremita. Padrone di casa, Kim Jong-il, dittatore e figlio di dittatore. Invitato Roh Moo-hyun, presidente della Corea del Sud, in gara per la rielezione.
Non è esattamente un evento senza precedenti, ma è accaduto una volta sola, nel 2000, prima che la strage di terroristi arabi sull’altra faccia della Terra «cambiasse il mondo» e includesse, ad esempio, la Corea del Nord in un improbabile Asse del Male assieme a due Paesi musulmani. E prima, naturalmente, che Pyongyang rilanciasse il suo progetto nucleare e l’America di Bush arrivasse, almeno a parole, sull’orlo di una guerra per impedirglielo.
Adesso le tensioni sembrano acquietate, il reattore incriminato è stato spento, stanno arrivando nel Nord i rifornimenti energetici alternativi e i miliardi per alleviare la fame ormai decennali dei sudditi di un regime assurdo. Si incontrarono, sette anni fa, a Seul, capitale del Sud, non conclusero molto ma cambiarono parecchio il clima politico; tanto è vero che anche nei momenti di massima tensione con Washington, il Sud portò avanti una politica di distensione verso il suo decennale agguerrito nemico.
Di che parleranno stavolta? Esiste evidentemente un’agenda comune ma l’accento muta secondo chi ne parla: «È un incontro molto significativo - dice Pyongyang - che aprirà una nuova fase di pace nella penisola coreana». Seul concorda ma aggiunge che l’incontro servirà anche per «accelerare la soluzione del problema nucleare della Corea del Nord». Gli esperti «neutrali» (se ce ne sono) tendono piuttosto a sdrammatizzare l’evento e insinuano che più che di centrali nucleari e di bombe atomiche si parlerà di elezioni e di schede». Nel Sud, naturalmente, dove il presidente Roh si prepara ad affrontare in dicembre una agguerrita concorrenza sulla sua destra: Lee Myung-bak e Park Geun-hye, entrambi candidati del Grande Partito Nazionale, lo precedono nei sondaggi e, allo stato attuale, dovrebbero batterlo largamente.
Un successo nelle relazioni con il Nord dovrebbe aiutare Roh e potrebbe addirittura bastargli per un sostanzioso recupero nei tre mesi che intercorrono fra il vertice di Pyongyang e le elezioni. Questo perché nessun partito sud-coreano si oppone alla distensione in corso con il Nord. La conferma del presidente in realtà non è messa in pericolo dai rapporti con il Nord, bensì dalle conseguenze di una serie di scandali finanziari in cui il suo partito e fors’anche il presidente stesso sono coinvolti.


È quindi possibile che Kim Jong-il si prepari a «dargli una mano» nell’incontro del 28 agosto, anche se Pyongyang ufficialmente non considera Seul come la sua controparte in questo campo, ma unicamente gli Stati Uniti, che nel Sud hanno una forte presenza militare che include armamenti nucleari. Forse anche per questo Washington ha manifestato «sorpresa» ma non ostilità all’annuncio dell’appuntamento.

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