Quando è stato chiaro che nemmeno le commemorazioni in forma sommessa della strage di piazza Fontana avrebbero tenuto lontano i centri sociali, le autorità di pubblica sicurezza hanno interpellato il sindaco Moratti. «Lasciateli entrare, la piazza è di tutti» è stata la sua risposta. Una sensibilità democratica troppo raffinata per essere compresa dagli antagonisti che infatti hanno ricambiato con i soliti fischi e insulti. E non solo. Anche la sinistra radicale si è unita agli schiamazzi applaudendo gli urlatori.
Banca Nazionale dell’agricoltura, 12 dicembre 1969, ore 16.37, una bomba uccide 17 persone e ne ferisce 88, una strage rimasta impunita nonostante le tante inchieste giudiziarie. D allora ad ogni anniversario Milano ricorda i suoi morti anche se da anni s’è sviluppata la vuota consuetudine di fischiare i rappresentanti delle amministrazioni locali governate dal centro destra. L’anno scorso si arrivò allo scontro fisico e alla contestazione di tutti, compresi parenti delle vittime. Per evitare questa vergogna, il Comune ha preferito una manifestazione in tono minore: concentramento alle 16.30 ma nessun palco e un solo oratore Carlo Arnoldi, presidente dell’Associazione dei famigliari. Una decisione che non è bastata a placare gli antagonisti che sabato hanno annunciato la loro volontà di contestare sindaco e presidente della Provincia. «Lasciateli venire» ha risposto Letizia Moratti.
Piazza Fontana, tutti gli accessi sono presidiati da plotoni di polizia e carabinieri, alle 16 i primi arrivi: vecchi militanti, bandiere di Sinistra ecologia e libertà, Rifondazione, qualche sigla sindacale, rappresentanze dell’Anpi. Pochi minuti prima dell’inizio della cerimonia fanno il loro trionfale ingresso un centinaio di ragazzi del «Cantiere», accolti dagli applausi della sinistra radicale. Arrivano anche Moratti e Guido Podestà. Urla e fischi. Sindaco e presidente della Provincia vanno a deporre una corona di fiori all’ingresso della banca. E la contestazione raggiunge il parossismo, sfiorando l’aggressione fisica. Gli schiamazzi non cessano nemmeno quando una tromba suona il silenzio.
Il piccolo corteo ritorna tra urla e insulti allo spazio transennato a fianco del presidente del consiglio comunale Manfredi Palmeri, il capogruppo Pd in Comune Pierfrancesco Majorino, il consigliere provinciale Prc Massimo Gatti, Benedetta Tobagi, figlia di Walter, giornalista ucciso dalla Br, il segretario della Camera del Lavoro, Onorio Rosati e il presidente dell’Anpi, Carlo Smuraglia. Finalmente torna il silenzio e Arnoldi può portare il saluto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, chiedere verità e giustizia ma soprattutto l’apertura degli archivi dei servizi segreti.
Finita la cerimonia Moratti e Podestà lasciano la piazza ancora inseguiti dai «cantierini», inferociti forse proprio perché nessuno ha cercato di fermarli. Una lezione di democrazia che brucia.
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