La nuova era del pop: come cambia la classifica

La svolta: l'hit parade dal 2018 non calcolerà lo streaming gratuito ma soltanto quello a pagamento

La nuova era del pop: come cambia la classifica

Via, si cambia tutto. Da domani, ossia dal primo gennaio 2018, le classifiche di musica leggera non calcoleranno più lo streaming gratuito ma soltanto quello a pagamento garantito dai servizi premium. Una decisione presa dalla Fimi, che è la Confindustria della discografia, e appoggiata dai grandi manager all'avanguardia nel settore come Andrea Rosi della Sony, Marco Alboni della Warner e Alessandro Massara della Universal. Il ceo della Fimi, Enzo Mazza, ha confermato che «la novità sarà applicata sia alla classifica degli album che a quella dei singoli e avrà ovviamente effetto anche sul sistema di certificazione dei dischi d'oro e platino». Il tutto per esprimere davvero «i consumi reali», ha concluso.

Spieghiamoci.

Oggi lo streaming (in pratica l'ascolto del brano senza scaricarlo) rappresenta circa il 44 per cento del mercato. Un segmento impensabile fino a pochi anni fa. Finora, nel calcolo ai fini della classifica 130 streaming equivalevano a 1 download, senza distinzioni tra streaming gratuiti o a pagamento (il «conversion rate» per gli album interi è 1300). Da domani conteranno soltanto gli streaming a pagamento, e le conseguenze sulle classifiche saranno assai visibili. Lo streaming gratuito, quello che nella fascia tra i 16 e i 22 anni spesso è compulsivo quando esce un brano nuovo, si è rivelato decisivo per creare i nuovi fenomeni specialmente rap e trap, oppure per consolidare il successo di eroi musicali comunque nati negli ultimi anni. Per capirci, artisti come Ghali o Sfera Ebbasta o Coez avrebbero avuto molto meno risalto in classifica senza gli streaming gratuiti. Insomma, si ritorna al passato, con la musica che conta in classifica soltanto quando si paga. «La classifica è un po' la Borsa del mercato discografico», ha riassunto Rosi. Invece, parlando con La Stampa, la bravissima manager di Spotify Veronica Diquattro non ha usato mezzi termini: «È una scelta sbagliata che non fotografa l'andamento reale del consumo musicale italiano ed è destinata a cancellare dalle classifiche tutta una serie di artisti che si sono fatti conoscere solo grazie allo stream gratuito».

In poche parole, due posizioni distinte e distanti che probabilmente in un futuro prossimo porteranno a una correzione dei parametri. Però rimane il fatto che, come accade anche in altri Paesi, in classifica va chi ha un pubblico che lo acquista per davvero. Come per i film o per i giornali, è l'acquisto, ossia l'autonoma decisione di stipulare un contratto sinallagmatico con il proprietario del brano, a determinare il successo in classifica dell'artista. Ora senza dubbio le condizioni di mercato sono cambiate, come la stessa propensione marginale degli ascoltatori a sborsare denaro in cambio di musica varia a seconda delle età: «I ragazzi fra i 13 e i 16 anni sono più propensi a pagare dei loro fratelli maggiori cresciuti nel periodo in cui impazzava la pirateria», ha spiegato Mazza. «Adesso vedremo belle differenze sui volumi ma è uno sforzo di verità che serve a tutti, anche agli artisti che producono musica», aggiunge Marco Alboni di Warner.

Ma cosa accadrà esattamente? Difficile fare previsioni esatte perché è uno scenario inedito. Ma è probabile, come dice Diquattro, che alcune nuove realtà musicali faticheranno (ancora) di più per entrare in classifica. Un quadro che, senza essere nostalgici, non è molto distante da quanto è avvenuto per decenni e che rappresenta la normale (anche se drammatica) competizione per il successo. In fondo, come dice qualcuno del settore che però preferisce l'anonimato, «è svilente dare lo stesso valore sia alla musica gratuita che a quella che esprime il reale consenso del pubblico». Di sicuro, la Fimi ha garantito che il «conversion rate» sarà aggiornabile a ogni quadrimestre in presenza di significativi mutamenti di mercato. Nel frattempo, rimane la novità decisiva: da domani saranno soltanto i brani effettivamente pagati (come una volta i 45 giri) a garantire l'ingresso in classifica e non più, per mantenere il confronto con il passato, il semplice ascolto al juke box. Un cambiamento che fa epoca.

Se da una parte restituisce alla musica leggera il «valore» che merita come le altre espressioni artistiche, dall'altro alza l'asticella soprattutto per chi si affaccia inesperto sul mercato. Ma per tutti è anche uno stimolo in più, a ben vedere.

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