Il ministro della Semplificazione ieri ha semplificato più del solito. «Nel Pdl - ha detto - ci sono troppi Tafazzi». Gente che pensando di fare male agli altri fa male a se stessa. Esattamente come il personaggio - creato da Aldo, Giovanni e Giacomo - che in calzamaglia nera e sospensorio bianco si colpisce l’inguine, saltellando e mostrando di provare piacere.
A chi si riferisce Calderoli? C’è l’imbarazzo della scelta e non facciamo nomi perché non vorremo dimenticarci qualcuno e fargli torto. Tafazzi, è bene ricordarlo sempre, è contento di essere Tafazzi, ne va orgoglioso. Basterebbe pensare a tutte le discussioni inutili all’interno del Pdl: quelle alla fine delle quali si è perso tanto tempo, non si è ragionato di nulla o almeno di nulla di importante e, ala fine, tutto è rimasto come prima. Il Tafazzi di turno ha avuto il suo buon quarto d’ora di popolarità e passerà alla storia come un incapace - almeno politicamente - perché il suo - diciamo - pensiero si è disperso nell’aria come una polvere sottile, contribuendo ad inquinare un po’ il clima. Il problema è che di Tafazzi è piena la nostra scena politica, a partire da tutto il centrodestra, Lega compresa. Chissà come Calderoli ha considerato le uscite del sindaco di Adro che ha tappezzato di stelle alpine la scuola e poi gli è toccato fare marcia indietro nell’ironia generale. Era Tafazzi quello o a che genere apparteneva? Alla difesa della tradizione cristiana dell’Occidente o a una improvvisa sindrome tafazzica? E via di questo passo se ne potrebbero ricordare tante altre. La vicenda recente di Milano, comunque la si voglia leggere, certo non è lontana dalla pratica succitata.
Qual è la radice della sindrome Tafazzi? A questo tipo di personaggio manca la capacità di compiere un salto logico. Il massimo salto che riesce a fare è quello della quaglia: poca altezza, quasi nulla movimento. Tafazzi gode di quello che fa perché non capisce che va contro di lui. La versione politica di Tafazzi è convinto che la smargiassata, l’azione plateale, quell’attimo di notorietà vada a suo vantaggio. È ignaro che così facendo taglia il ramo su cui è seduto o, se preferite, buca la barca dove è accomodato.
Carlo Maria Cipolla la chiamava la sindrome del cretino che fa male agli altri non facendo bene a se stesso. Male altrui senza nessun bene proprio conseguente.
Per chi ha a cuore le sorti del centrodestra arriva una magra consolazione se dà un occhio dalle parti del centrosinistra. Basterebbe pensare a Bersani che sale sui tetti dell’università e poi torna in ufficio e pensa come attrarre i voti della borghesia italiana, dei piccoli e medi imprenditori, di chi vorrebbe una sinistra riformista. Basterebbe pensare a D’Alema che, al governo, sfilava con i sindacati contro il governo. Basterebbe pensare a Di Pietro che incamera De Magistris. Per fortuna del centrodestra dalle parti del centrosinistra i sospensori vanno a ruba. Ha detto bene ieri in una intervista al Corriere della Sera Fedele Confalonieri che di Berlusconi se ne intende. Nel centrodestra si permettono un po’ di tutto perché sanno che Berlusconi regge e ha ancora seguito popolare. Certi di questo fanno un po’ come i bambini che fanno guai perché sanno che i genitori rimediano. E se a livello nazionale il Tafazzi viene annegato da tutto il resto, a livello locale è estremamente attivo e genera problemi uno dopo l’altro anche perché è più vicino alla gente che, più intelligente di lui, lo identifica e, ove possibile, lo tiene alla larga.
Berlusconi dovrebbe decidersi a ritirare mazze e sospensori dal partito.
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