Seimila posti letto in meno negli ospedali lombardi. A luglio scatta il piano tagli previsto per l’estate: meno personale, meno letti per i pazienti. Ma stavolta, si teme che dietro al calo si nasconda un taglio tutt’altro che stagionale dei posti per i malati e degli staff che li gestiscono. Soprattutto dopo i timori espressi dallo stesso presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni su possibili ripercussioni della manovra governativa anche sui servizi sanitari.
La Regione Lombardia calcola che tra luglio e agosto i posti letto disponibili saranno il 12 per cento in meno, in particolar modo nei reparti di Chirurgia. Lo scorso anno i tagli sono stati perfino superiori, arrivando a picchi del 17 per cento, in concomitanza con le ferie del personale. «Si tratta di una turnistica regolare, nient’affatto straordinaria - precisano dagli uffici della direzione Sanità al Pirellone -. Il piano ferie si fa a inizio anno, quindi i tagli della manovra non c’entrano nulla, è tutto nella norma». In altri tempi, la riduzione del personale sarebbe stata assorbita con più facilità, ora c’è qualche dubbio. I medici e gli infermieri temono per il loro futuro e si stanno preparando a un’estate non facile: se si incrociano i dati dei posti letto in meno, degli accorpamenti dei reparti per poter seguire tutte le stanze e delle ferie del personale, il quadro non è dei più rosei. E di sicuro i turni dovranno essere più lunghi e le notti in corsia più frequenti. Al Niguarda, con l’apertura del nuovo blocco ospedaliero, il cosiddetto Niguarda 2, è scattato il blocco ferie per molti infermieri, a cui verranno forfettizzati gli straordinari: è l’unico modo per garantire il servizio a tutti i malati, senza lasciare buchi scoperti nei reparti.
«Il nostro timore - spiega Ciro Capuano (Uil) - è che le riduzioni, di posti e di personale, non si limitino all’estate ma siano frutto della manovra finanziaria. In questo quadro di emergenza crediamo che il piano estate della Regione mal si coniughi con la programmazione delle ferie degli infermieri». Per di più a tutto questo si aggiunge il fatto che il numero degli infermieri che operano in Lombardia è piuttosto contenuto: all’Istituto nazionale dei tumori, per 428 posti letto sono in pista 413 infermieri, al San Carlo per 942 pazienti ruotano in turni diurni e notturni 827 infermieri, al Sacco i posti letto sono 604 e gli infermieri 708. E ancora: 1250 gli infermieri al Policlinico, 1100 quelli che si danno il cambio agli Istituti clinici di perfezionamento, 130 quelli assunti all’ortopedico Gaetano Pini.
«Su questi numeri - aggiunge il sindacalista Francesco Vitacca (Uil) - bisogna calcolare le non presenze per malattia, gravidanza o ferie. In ogni singola azienda si calcolano 50-60 assenti». In sostanza, a Milano mancano 500 infermieri e in Lombardia circa ottomila. È lo stesso personale medico a rilevare che «il rapporto tra infermieri e abitanti è ben al di sotto della soglia ottimale: uno su 190, contro l’uno su 170 previsto dall’Ocse». Il nuovo bando previsto dal ministero dell’Università metterà in pista altri duemila infermieri, ma non basteranno nemmeno a garantire un corretto turn-over. Per questo si chiede di attuare politiche che incoraggino i giovani a intraprendere la strada della professione infermieristica, un lavoro con un’alta carica «vocazionale» E non certamente per tutti. «È necessario creare strutture - suggerisce Capuano - che possano fare da richiamo a tanti studenti e futuri infermieri che fanno fatica a trovare un alloggio a un prezzo modesto. Altra leva potrebbero essere i contratti e gli accordi di livello territoriale per premiare la fedeltà al proprio posto di lavoro.
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