Ora Facebook vuole anche le informazioni sulla nostra salute

Facebook vuole ora avere accesso ai nostri dati sulla salute, tramite uno smartwatch che la società starebbe sviluppando: ma monta la preoccupazione per la privacy

Ora Facebook vuole anche le informazioni sulla nostra salute

Facebook starebbe lavorando ad un suo smartwatch, passo con cui l’azienda punta a fare irruzione nel settore della salute e sfidare i gadget delle altre Big Tech.

A lanciare l’indiscrezione è stata The Information, ma al momento non sono disponibili molti dettagli sul progetto. Menlo Park non ha infatti voluto rilasciare dichiarazioni a riguardo. Secondo la testata online, si tratterebbe di un dispositivo indossabile focalizzato sulla situazione sanitaria degli utenti, per monitorare continuamente il loro benessere. Probabilmente sarà dotato anche di un sistema di messaggistica. Sul piano tecnico, dovrebbe essere basato sul sistema operativo Android, ma non è chiaro se condividerà lo stesso identico software di Wear Os di Google.

Il lancio potrebbe arrivare già il prossimo anno. L’obiettivo ufficiale è quello di aiutarci a prenderci cura di noi stessi. Lo smartwatch, tuttavia, aiuterebbe la società a conoscerci in modo ancora più approfondito. Con tutte le preoccupazioni del caso in materia di privacy e protezione dei dati personali. Timori leciti, considerando che l’azienda negli ultimi anni non ha brillato nella loro gestione e in trasparenza sui loro utilizzi.

Lo dimostra l’ultima stangata inflitta alla creatura di Zuckerberg da parte dell'Antitrust italiano il 17 febbraio: 7 milioni di euro per non aver corretto la pratica con cui “induceva ingannevolmente gli utenti a registrarsi sulla sua piattaforma non informandoli subito e in modo adeguato - durante l’attivazione dell’account - dell’attività di raccolta, con intento commerciale, dei dati da loro forniti e, più in generale, delle finalità remunerative sottese al servizio, enfatizzandone viceversa la gratuità”.

Nel novembre 2018, l’Authority aveva infatti richiesto la pubblicazione di una dichiarazione di rettifica sulla homepage del sito, sull’app e sulla pagina personale di ciascun utente italiano registrato. Pubblicazione non avvenuta, dato che l’azienda si è solamente limitata a rimuovere l’indicazione sulla gratuità dalla schermata iniziale. E ora aspetta la decisione del Consiglio di Stato sul suo appello. Ma dopo quel provvedimento, c’erano stati altri gravi episodi: il furto dei dati personali di 267 milioni di utenti da parte di un gruppo di hacker e lo scandalo Cambridge Analytica, costato alla società 5 miliardi di dollari dopo la multa inflitta dalla Federal Trade Commission americana.

Precedenti non rassicuranti, insomma. Specie in un periodo in cui i dati sanitari fanno gola ai cybercriminali.

Secondo l'ultimo IBM Security Report, nel 2020 gli attacchi alle organizzazioni strategiche nella lotta contro il Covid-19, come ospedali, aziende farmaceutiche, produttori di apparecchiature medicali e operatori energetici, sono raddoppiati rispetto all’anno precedente.

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