Barazzutti, Jimmy Connors e il furto di Forest Hills

Nel 1977 un lanciatissimo Corrado Barazzutti fu vittima di una clamorosa ingiustizia: il gesto antisportivo di Jimbo resta ancora senza senso

Barazzutti, Jimmy Connors e il furto di Forest Hills
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Chioma ancora fluente. Muscoli guizzanti, anche se si intravedono soltanto sotto a quel fisico asciutto. Completino ellesse impeccabile e aderente. Racchetta di legno Slazenger a far da corredo e propaggine a quelle braccia sinuose. È dinoccolato Corrado Barazzutti. Arriva a raccogliere colpi avversi dove meno te lo aspetti. E poi a ventiquattro anni le gambe sono dinamite.

Non gioca un tennis intriso di vezzi e pomposità. Non gliene frega molto di questioncelle come stile, eleganza e ammenicoli vari. Gli basta risultare efficace. Mettere a reddito quella sua irruenta capacità di dominare le pieghe più fisiche di ogni match. Perché Corrado questo sa fare meglio. Respingere – fisicamente e mentalmente – ogni velleità dell’opponente. Fino a prenderlo per sfinimento.

Così quando corre l’anno di grazia 1977 si presenta agli Us Open con il sorriso largo di chi si sente un convitato con le carte in regola per scrutare in prima fila il tramonto del torneo. Sulla superficie americana i colpi guizzano a meraviglia. Fa fuori Bill Scanlon, uno che sapeva far soffrire da matti John McEnroe. Si presenta al cospetto di Ilie Nastase, inequivocabile signore della racchetta, e lo sforacchia. Incede travolgendo Mark Edmonson e Butch Walts. Nei quarti sbriga anche la pratica Brian Gottfried: 6-2, 6-1, 6-2 senza appello.

Viaggia spedito, “Barazza”, verso la finale. Tra lui e l’ambito traguardo si frappone soltanto un ingombrante ostacolo: è americano, è un idolo da queste parti, è un tennista superbo. Tradotto: Jimmy Connors. Però Corrado non si disunisce all’idea di affrontarlo. Anzi, arrivato fino a quel punto è persuaso che ogni cosa sia possibile. Si gioca sul centrale, Forest Hills.

Sospinto dal pubblico di casa, una grancassa costante come una litania laica, Connors strappa un primo set estremamente combattuto: 7-5. Poi, animato dall’entusiasmo circostante, decide di premere ulteriormente sull’acceleratore per indicare al più presto la scaletta dell’aereo di ritorno all’italiano. Comincia quindi, “Jimbo”, a sfoderare un tennis quasi tribale. Un autentico assalto. Colpi a manovella. A mitraglia. Barazza però non ci sta. Si sporge, si inclina, si allunga. Respinge ogni singola pallina con quella racchetta che, a guardarla oggi, pare così piccola.

Ora Connors, sfibrato da quell’inusitata resistenza, sembra cedere alla distanza. Cresce invece Corrado, come sempre munito di un surplus di energie quando quegli altri iniziano a mostrare qualche crepa. L’inerzia della contesa adesso è cambiata. Connors tentenna. Barazzutti avanza pretese sempre più autorevoli verso quel posto in finale.

Terzo set. Corrado avanti 5-3. Replica rabbioso, Connors, rifiutandosi di cedere davanti al suo pubblico. Lascia partire due rovesci anomali e violentissimi, ad uscire. Barazza quasi si inginocchia, ma respinge. Il secondo colpo dell’asso americano finisce nettamente fuori. Non per il giudice però, che lo chiama buono.

Corrado non ci crede, ma è sereno. Sulla terra giace impresso il marchio di quella pallina troppo larga. Chiama il giudice a scendere dal trespolo, per valutarlo lui stesso. Quello però traccheggia, non scende. Poi è questione di una manciata di istanti. L’italiano è voltato di spalle, Connors incede nella sua parte di campo, cancella le prove trascinandoci sopra un piede e scappa via sibilando: "Ora il segno non c’è più".

Barazzutti è attonito. Non può essere successo davvero. È un gesto, quello di Jimbo, di un’antisportività assurda. Corrado protesta accesamente con il giudice. Sarebbe roba da squalifica immediata. Invece quello, sempre appollaiato in alto, si limita ad un richiamo verbale: "Signor Connors, lei non ha alcun diritto di fare, nemmeno per scherzo, una cosa del genere". Tutto qua. Una piccola parte del pubblico rumoreggia. I commentatori e lo stesso Corrado, ovviamente, sono trasecolati.

Il match riprende e Connors vince, favorito da quello snodo che poteva riscrivere le traiettorie dell’incontro. Più tardi, anche John McEnroe si dichiarerà sconvolto: "Corrado, mai vista una cosa del genere, è stata pura fantascienza". Probabilmente Jimmy avrebbe vinto lo stesso, ma quel gesto così insopportabile riga perennemente il successo conseguito.

Barazzutti esce sconcertato, con la sola parziale consolazione di essere vendicato

in finale dall’argentino Guillermo Vilas. Quella surreale ingiustizia resterà per sempre – anche in futuro i due non si chiariranno - il punto di confine tra quel che poteva essere e invece mai più sarà.

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