La folla, i fendenti, la fuga: perché i terroristi scelgono il coltello

L'attentato di Solingen ha messo di nuovo in evidenza che la nuova stagione del terrore non passa più dalle armi da fuoco

La folla, i fendenti, la fuga: perché i terroristi scelgono il coltello
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Le forze speciali della polizia tedesca stanno ancora cercando il responsabile dell’attentato a Solingen, in Germania. Un attacco con coltello, compiuto secondo le prime indiscrezioni da un uomo "di apparenti sembianze arabe", che è costato la vita a tre persone e ne ha lasciate a terra, ferite, altre cinque. La polizia della Renania Settentrionale-Vestfalia ha dichiarato di aver momentaneamente classificato quanto avvenuto a Solingen come un attacco e non come un attentato terroristico "perché al momento non conosciamo le ragioni dietro questo attacco". L'arma usata, il coltello appunto, è l'ennesima prova del fatto che gli strumenti d’elezione degli elementi radicalizzati non siano più le armi da fuoco che hanno mietuto tante vittime nella scorsa decade, bensì le lame.

Un coltello è molto più semplice da reperire di una pistola o di un fucile. Non solo. È anche più facile da nascondere addosso e non richiede alcun tipo di addestramento o esperienza per usarlo correttamente e colpire i passanti. Tutto questo "gioca" sia a favore dei propagandisti del terrore che, in particolar modo su internet, incitano a spargere il sangue degli infedeli, le proverbiali "persone qualunque", sia di organizzazioni criminali, delinquenti e frange politiche estreme. Si possono ricordare l'attacco del 31 maggio scorso a Mannheim, che aveva come obiettivo l'attivista anti-islam Michael Stürzenberger ed è costato la vita all'agente di polizia Rouven Laur, quello della notte tra il 15 e il 16 giugno a Francoforte, dove a morire fu un 31enne pugnalato nella parte superiore del corpo dopo una lite tra due gruppi sul campo sportivo del VfB Unterliederbach, e i due avvenuti durante gli Europei di calcio (14 giugno e 26 giugno).

Oltre alle ovvie difficoltà per le forze dell'ordine a garantire la sicurezza, il modus operandi e l'arma scelta dagli attentatori aggiungono una dimensione psicologica all'aggressione che punta a mietere vittime tra ignari passanti. Guardiamo a quanto successo a Solingen. L'attentatore ha colpito un festival cittadino, che non si stava svolgendo in un luogo chiuso dove sarebbe stato possibile garantire un afflusso più ordinato e sistemi come metal detector o simili. La polizia può presidiare la zona e pattugliare le strade vicine, ma il rischio concreto rimane a meno che non si voglia perquisire a fondo ogni partecipante. Un potenziale terrorista può dunque entrare e colpire in qualunque momento, senza bisogno di pianificare una strategia, trovare un punto nell’area dove impugnare le armi o ingaggiare uno scontro a fuoco con personale di sicurezza presente sul posto.

Anche la fuga dell’attentatore diventa molto più semplice. Basta disfarsi del coltello, o nasconderlo di nuovo e mischiarsi alla folla terrorizzata, per poi sganciarsi e far perdere le proprie tracce.

Tutti questi elementi acuiscono il pericolo per gli abitanti delle città europee, non solo durante grandi eventi ma anche quando sono impegnati nella vita di tutti i giorni, e instillano il terrore che chiunque, dal proprio vicino di casa alla persona che sta camminando per la strada, possa avere sotto la giacca una lama pronta a bagnarsi di sangue.

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