I tre imputati per gli attacchi dell'11 settembre patteggiano: così evitano la pena

A 23 anni dagli attentati di quaedisti contro gli Stati Uniti, i tre imputati detenuti negli Usa starebbero per dichiararsi colpevoli.L'obbiettivo: ottenere l'ergastolo in luogo della pena di morte

I tre imputati per gli attacchi dell'11 settembre patteggiano: così evitano la pena
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A distanza di 23 anni dall'attacco alle Torri Gemelle che ha cambiato i destini del mondo, tre degli uomini accusati di aver pianificato gli attacchi dell'11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti hanno stipulato un accordo pre-processuale. La notizia dell'accordo è emersa in una lettera inviata dai procuratori ai familiari delle vittime degli attacchi.

Cosa prevede l'accordo

L'accordo aveva suscitato rabbia e sollievo tra le migliaia di parenti delle vittime: alcuni di loro, infatti, temevano che il caso non avrebbe mai trovato una soluzione e che gli imputati sarebbero morti in custodia negli Stati Uniti senza una condanna. Altri, desiderando la pena di morte, avevano spinto il governo a portare il caso a processo, anche a rischio che la sentenza venisse in seguito annullata.

I pubblici ministeri hanno affermato che l'accordo ha lo scopo di portare una certa "definitività e giustizia" al caso, in particolare per le famiglie delle quasi 3.000 persone uccise negli attacchi a New York, al Pentagono e in Pennsylvania. A riferire la notizia è stato il Dipartimento della Difesa americano. Khalid Sheikh Mohammed, Walid Muhammad Salih Mubarak Bin Attash e Mustafa Ahmed Adam al-Hawsawi sono detenuti da anni nella base della Marina statunitense di Guantanamo, senza essere processati. I dettagli dell'accordo non sono stati ancora resi noti, ma i media statunitensi affermano che gli uomini si dichiareranno colpevoli in cambio dell'impegno dell'accusa a non chiedere la pena di morte.

Cosa accade ora

Secondo quanto riportato ieri dal New York Times, citando fonti del Pentagono, i tre avrebbero accettato di dichiararsi colpevoli al fine di ottenere l'ergastolo. Detenuti da Washington dal 2003, i loro casi sono rimasti in sospeso per più di dieci anni in una serie di procedimenti preliminari incentrati sulla questione se le torture subite nelle prigioni segrete della Cia avessero contaminato le prove a loro carico. "In cambio della rimozione della pena di morte come possibile punizione, questi tre imputati hanno accettato di dichiararsi colpevoli di tutti i reati contestati, incluso l'omicidio delle 2.976 persone elencate nell'atto di accusa", si legge nella lettera, firmata dal contrammiraglio Aaron C. Rugh, procuratore capo per le commissioni militari e da tre avvocati del suo team, riportata dal New York Times.

I tre uomini dovranno comunque affrontare una sorta di mini processo, ma probabilmente non prima dell'anno prossimo. Un caso del genere è troppo scottante per essere affrontato nel bel mezzo del caos delle elezioni Usa. Presso le commissioni militari, dove sono stati accusati, un giudice accetterà la dichiarazione di colpevolezza, ma una giuria militare dovrà essere convocata per ascoltare le prove, tra cui le testimonianze delle vittime degli attacchi, e pronunciare una sentenza.

Chi sono i tre imputati

I tre imputati, insieme ad Ali Abdul Aziz Ali e Ramzi Bin al Shibh, furono inizialmente accusati congiuntamente e citati in giudizio il 5 giugno 2008, per poi essere nuovamente accusati congiuntamente e citati in giudizio una seconda volta il 5 maggio 2012, in relazione al loro presunto ruolo negli attacchi. Mohammed, 59 anni, ingegnere laureato negli Stati Uniti e dichiarato jihadista, è stato accusato di aver avuto l'idea di dirottare aerei e di farli schiantare contro edifici. I procuratori sostengono avesse presentato il piano a Osama bin Laden nel 1996 per poi contribuire ad addestrare e dirigere alcuni dei dirottatori.

Assieme ad Hawsawi, 55 anni, furono catturati insieme in Pakistan nel marzo 2003 e tenuti in prigioni segrete della Cia fino al loro trasferimento alla base navale statunitense di Guantanamo nel settembre 2006 per un eventuale processo. A quel punto, gli interrogatori li avevano tenuti per anni in isolamento e torturati.

Mohammed, in particolare, venne sottoposto a 183 round di waterboarding, una decisione che avrebbe ostacolato anni di sforzi per processarli. Bin Attash, che ha circa 45 anni, è stato descritto come un altro agente, che aveva contribuito ad addestrare alcuni dei dirottatori e aveva portato a termine le missioni assegnategli sia da Mohammed che da bin Laden.

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