Tettamanzi: «Non solo grattacieli e Expo»

Il cardinale si congratula con «gli angeli» che si dedicano al volontariato quotidiano, invita a «un sussulto di moralità» e chiede di concentrarsi su sobrietà e solidarietà

Sabrina Cottone
Un invito a sobrietà, solidarietà, a «un sussulto di moralità». A non pensare solo a «ponti, grattacieli e strade», «all'avventura dell'Expo» e ai «facili guadagni», ma a ricordarsi dell'accoglienza, a partire dall'aiuto ai rom. Si parla anche di mafia e appalti per il 2015 nel tradizionale discorso di Sant'Ambrogio che l'arcivescovo ha rivolto ieri alla città. Fu il cardinal Montini, colui che sarebbe diventato Paolo VI, a introdurre quest'appuntamento dedicato alla situazione politica, economica e sociale di Milano.
Tettamanzi lo insegue volentieri. Dal pulpito di Sant'Ambrogio cita ampiamente Caritas in veritate, l'enciclica sociale di Papa Benedetto XVI, entra nell'urbanistica e nel piano del territorio. «Nessuno di noi pensa che per rendere grande Milano sia sufficiente edificare qualche monumento, questa o quell'altra infrastruttura, abbellirla con qualche opera d'arte» osserva. «Non bastano gli edifici, i ponti, i grattacieli». Indispensabili sono «il lavoro e il volontariato, la fede e la cultura, l'accoglienza e la dedizione agli altri, la cura degli ultimi e l'apertura al mondo».
Nel capitolo dedicato al 2015 sottolinea che «la realtà di Milano non può esaurirsi nell'avventura dell'Expo» e lancia l'allarme mafia. «La nostra città è interessata da progetti di realizzazione di grandi opere che esigono ingenti quantità di denaro e per le quali sono possibili interferenze e infiltrazioni di criminalità organizzata» attacca. E quindi è urgente «il rispetto di norme semplici, chiare ed efficaci».
L'arcivescovo critica ancora una volta la linea dura verso i campi nomadi. E fa i complimenti alla «Milano con il cuore in mano»: «Mi ha colpito nei giorni scorsi, a seguito dello sgombero di un gruppo di famiglie rom accampate a Milano, la silenziosa mobilitazione e l'aiuto concreto portato loro da alcune parrocchie, da tante famiglie del quartiere preoccupate di salvaguardare l'inserimento a scuola dei bambini». Una stoccata alla linea di rigore scelta da palazzo Marino e del governo: «La risposta della città e delle istituzioni alla presenza dei rom non può essere l'azione di forza, senza alternative e prospettive, senza finalità costruttive». E ancora: «Non possiamo assumerci la responsabilità di distruggere ogni volta la tela del dialogo e dell'accoglienza nella legalità».
Tettamanzi ricorda l'articolo due della Costituzione, che pone tra i principi fondamentali la solidarietà. E sottolinea la responsabilità pubblica nella solidarietà, che è «inscindibile dalla giustizia e include, pertanto, la presenza attiva e responsabile delle stesse istituzioni ben oltre il pur indispensabile e prezioso servizio delle varie forme di volontariato».
Come già nel discorso di Natale, propone un invito alla sobrietà, ritenuta alla base dello sviluppo economico. L'obiezione è molto semplice e va al cuore della questione. «La sobrietà potrebbe apparire un valore estraneo per Milano!» dice il cardinale, che spiega perché non è d'accordo. «Sobrietà non significa non consumare, non produrre, non scambiare beni e servizi.

È piuttosto utilizzare (e preferisco questo verbo a consumare) non in un'ottica di spreco, di speculazione, di facili guadagni, bensì di saggio impiego, finalizzato a servire ai veri bisogni e a crescere nel benessere condiviso».

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