Paolo Bugatto
da Prato
Sono i primi a vedere la luce del sole. Ma anche gli ultimi ad arrivare nella vecchia Europa, sperduti come sono in un arcipelago lontano fatto di 169 isole, abitato da poco più di 100mila anime che riescono a partorire oltre 8.000 giocatori di rugby. Jonah Lomu ha sangue di queste parti, i fratelli Kefu anche. Come pure il loro c.t. Wille Ofahengaue, una stagione a Rovigo non proprio fortunata ma soprattutto unepopea e un mondiale con lAustralia nel 91. Forse non sbaglia quando dice che in fondo nelle isole a rugby hanno cominciato a giocare con ananas e noci di cocco.
A Tonga anche il sangue profuma di rugby. Cè un re, Tupou IV, grande appassionato dellovale. Ha 87 anni e, a giudicare dai chili, sarebbe stato uno straordinario pilone. Ora è a dieta e cerca di stare il più vicino possibile alle Ikale Tahi, le aquile di mare.
Non è facile programmare un tour in Europa partendo dai confini del mondo. I pochi giocatori partiti da Nukualofa sperano di trovare un contratto nel vecchio continente. Il resto della squadra, Ofahengaue lha convocato al telefono non appena atterrato a Londra. Ha trattato con i club, ha chiesto il nulla osta e non sempre lha ottenuto. Non cè Seti Kiole né tanto meno il cugino di Jonah Lomu, Epi Taione bloccato a Worcester per il campionato inglese.
Tonga punta al mondiale 2007. Potremmo ritrovarli sulla nostra strada come già accadde a Leicester nel 99 (vinsero 28-25) e a Canberra nel 2003 con la vittoria azzurra per 36 a 12. Non hanno i soldi ma sono una nazionale in piena crescita. Se solo riuscissero a trattenere in maglia rossa molti dei giocatori che tornano sulle canoe per andare a giocare con le province neozelandesi, probabilmente la loro forza crescerebbe in maniera esponenziale. «Ma i tongani non si fermano. dice Wille O -.
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