Il torinese Levi e una città tutta da dipingere

È focalizzata sui rapporti con la capitale negli anni ’30-’50 la mostra Carlo Levi e Roma. Il respiro della città, ospitata nel Casino dei Principi di Villa Torlonia fino al 15 giugno. In modo particolare gli anni Trenta in cui l’asse della pittura si sposta da Milano a Roma dove espongono artisti di statura internazionale. Intellettuale eclettico, compagno di liceo di Pavese, Einaudi, Ginzburg, Carlo Levi (Torino 1902- Roma 1975), si dedica alla pittura che non abbandona mai, ma anche alla scrittura e alla politica attiva. Noto in special modo per Cristo si è fermato a Eboli, il libro sull’esperienza del confino, poi per l’impegno politico, prima a fianco dei fratelli Rosselli di «Giustizia e Libertà», quindi dei fuorusciti con cui ha contatti a Parigi, nel ’63 è senatore indipendente eletto nelle liste del PCI.
I rapporti con la Scuola Romana non sono legati agli artisti, anche se a Parigi conosce Fausto Pirandello, Mafai, Savinio, quanto piuttosto a assonanze tematiche. L’arrivo a Roma spinge Levi a dare «corpo e sangue» ai suoi dipinti dalle forme evanescenti e dalla tavolozza perlacea.
La rassegna presenta 46 opere che vanno dal ’26 al ’54. Autoritratti e ritratti, di De Pisis, Moravia e Ginzburg, paesaggi di Torino, Parigi, Alassio, Roma e della Lucania, nature morte. A confronto 28 quadri di artisti coevi con i quali s’instaura un dialogo e uno scambio. Alla presentazione di se stesso in forma di gufo notturno (copertina del romanzo L’orologio), seguono le opere della formazione alla Casorati, le esperienze parigine, Modigliani, Soutine, Bonnard. Si passa dalle Vele di Levi con quella «luce di cipria che scorpora i contorni», al chiarismo di Capogrossi. L’arrivo a Roma provoca uno scarto nella sua pittura. In Paesaggio romano del ’31 archi, colonne, statue e la sagoma di una chiesa barocca danno della città un’immagine misteriosa e visionaria. La seconda metà degli anni Trenta è marcata dalla presenza del confino. In mostra i paesaggi lunari, aspri come gli abitanti della Lucania.

I disastri della guerra, i mille espedienti per sopravvivere, ispirano a Levi una pittura dai toni sfatti. Nel '50 Levi va ad abitare a Palazzo Altieri da cui scopre i tetti e le cupole di Roma. Che fanno da sfondo anche al ritratto di Anna Magnani.

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