Auto elettrica, infrastrutture, idrogeno: le strategie per una transizione pragmatica

La "neutralità tecnologica" e lo sfruttamento di risorse ponte tra l'economia a fonti fossili e quella della transizione sono la garanzia perché, dall'auto elettrica all'idrogeno, questo processo possa avere successo.

Auto elettrica, infrastrutture, idrogeno: le strategie per una transizione pragmatica

La pandemia e la guerra in Ucraina hanno destabilizzato con forza le catene del valore industriali e produttive e, al contempo, fatto sentire l'urgenza di sviluppare politiche strategiche e pragmatiche in settori di frontiera come quello della transizione energetica. Se molto si parla, oggigiorno, del fronte degli approvvigionamenti energetici dopo la decisione di molti Paesi di ridimensionare le importazioni dalla Russia, meno è stato finora discusso sul tema della gestione delle infrastrutture di trasporto e di sostegno a mobilità e attività produttive che saranno i driver della rivoluzione energetica di domani.

L'emancipazione dalla dipendenza dalla Russia passa anche per la transizione energetica? Sì, se non la si trasformerà in un passaggio utopico ma si farà di essa una serie di processi pragmatici. Per l'eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini, "la crisi provocata dall’aggressione militare del regime di Mosca all’Ucraina impone all’Europa una road map immediatamente percorribile che consenta di eliminare rapidamente le importazioni di gas dalla Russia". Per raggiungere l’autonomia nel settore del gas, ha dichiarato Salini intervenendo nella Commissione Trasporti dell'emiciclo di Strasburgo nella giornata del 19 aprile "è necessario diversificare le fonti di energia, dotandosi di infrastrutture europee all’altezza della sfida, infrastrutture che ci consentiranno di centrare anche agli obiettivi proposti per l’elettrico nei trasporti". Salini già in passato aveva perorato la necessità di una strategia europea industriale e dei trasporti per non passare da una parziale dipendenza dell’Ue dal gas russo ad una quasi completa dipendenza dalle batterie cinesi, che farebbe finire Bruxelles e le sue industrie dalla paella nella brace

Il Partito Popolare Europeo nel cui gruppo Salini opera sta promuovendo in quest'ottica la strategia della "neutralità tecnologica" per far sì che la transizione avvenga nel rispetto del suo nome come un processo graduale in cui proprio la necessità di "derussificare" il mix energetico europeo può spingere a pensare soluzioni originali, come dimostrato nel settore dell'automotive: meno petrolio e meno gas nei serbatoi delle auto europee, certo, ma nessuna fuga in avanti: "la nostra preoccupazione", dichiara Salini, "è di non condannare a morte anzitempo il motore a combustione interna in quanto con i carburanti alternativi può garantire la sostenibilità della transizione a fonti meno inquinanti". Passare immediatamente all'elettrico danneggerebbe la transizione specie se verrebbero imposte date fisse, come il 2035, per la totale decarbonizzazione dei motori europei. Per Salini è inoltre importante "considerare come soluzione ponte il gas naturale liquefatto, estendendo la garanzia di investimenti infrastrutturali al settore, così da arrivare preparati anche alla sfida dell’idrogeno, che si avvarrà della medesima rete di approvvigionamento".

Nelle visioni energetiche e di politica industriale del futuro la connessione dei mercati energetici basati su reti intelligenti consentirà di sfruttare la sinergia tra innovazione tecnologica, nuove visioni in campo ambientale e efficienza, permettendo minori problemi nell’incrocio tra domanda e offerta nel quadro di una crescente generazione coperta da fonti rinnovabili e la riduzione degli sprechi. Un sistema in cui Salini fa capire che l’idrogeno può giocare un ruolo importante, dato che se la sua generazione negli anni a venire sarà sempre più decarbonizzata si potranno riconvertire all'era delle rinnovabili e alla generazione elettrica più sostenibile anche infrastrutture come le attuali reti di trasporto del gas. E questo si somma appieno anche alla partita dell'auto elettrica dato che puntare a un sistema di sviluppo delle auto a minor impatto ambientale inserito nel quadro di una graduale politica infrastrutturale che garantisca le basi (generazione rinnovabile dell'energia), le reti (smart grids, colonnine di ricarica, fuel cells di immagazzinamento dei picchi di energia) e la scala (più efficienza industriale) per ammortizzare costi, sprechi e rischi significa far prevalere il pragmatismo sull'ideologia. E dunque far sì che la transizione possa promuovere obiettivi geopolitici, come la riduzione della dipendenza dalla Russia, senza far venire meno i precisi piani di sviluppo e rilancio dell'economia che l'Europa vuole valorizzare con i suoi progetti di medio-lungo periodo come Fit for 55.

Un obiettivo ambizioso ma per cui servirà una visione europea che non ceda alle tentazioni di un ambientalismo "politicamente corretto" più desideroso di fissare date e divieti che di pensare alle grandi sfide tecnologiche, industriali, politiche e produttive della transizione. Rese ancora più urgenti dal caos ucraino.

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