La parola «amichettismo», coniata da Fulvio Abbate, è entrata nei neologismi Treccani come descrittiva di conventicole più estese di quelle significate dalle più classiche «familismo» e «nepotismo». La si usa per la politica ma molto anche per il mondo culturale, dove bande di amici (non della domenica ma di tutta la settimana di intrallazzo) colonizzano premi e saloni. E allora vai di bande di ancelle con lo shopper, giusto e femminista, qua, greggi di scrittori che si recensiscono a vicenda là. Sino al mix di scrittori che scrivono il testo dello shopper per bande di ancelle che sponsorizzano i libri degli autori sui social. Pazienza, lo diceva Aristotele che l'uomo è un animale sociale. È sempre meglio dell'altra definizione data dal filosofo: l'uomo è un bipede implume (che sorride sempre a tutti in un salotto romano).
Del resto è proprio la Treccani ad avvisarci, con un dotto articolo, che già alle soglie del XIV secolo si poteva parlare di accuse di eclatante amichettismo rivolte a Dante Alighieri, per avere favorito il rientro anzitempo a Firenze, dall'esilio, dell'amico Guido Cavalcanti, nell'agosto del 1300. Lo racconta, sul sito internet della prestigiosa istituzione, la storica Chiara Mercuri, docente di Esegesi delle fonti medievali all'Istituto Teologico di Assisi e alla Pontificia Università Lateranense. Del resto lo diceva già l'Ecclesiaste (uno molto triste perché in fondo non era amico di nessuno) nella Bibbia: «Niente di nuovo sotto il sole».
Però ecco... Una differenza ci permettiamo di sottolinearla, non se la prenda la professoressa Mercuri che vorremmo nostra amica (se no che pezzo sull'amichettismo è). Se ad «amichettare» sono due giganti del verso come Dante e Cavalcanti, forse si è anche disposti a mettersela in saccoccia.
Si arriva persino a lasciare che portino nel circoletto dell'incantamento Lapo Gianni.L'amichettismo di oggi sembra creare associazioni di potere meno virtuose. Lieti se un nuovo Stil Novo ci smentirà. Intanto tutti amichetti come prima.
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