Il trionfo del vendolismo chiude l'era dei riformisti

Si ripete il copione delle Amministrative: trionfa l’immobilismo dei signor No come Vendola, Di Pietro e Grillo Puntano a governare il Paese nutrendolo di ansie e angosce. È una prospettiva pericolosa per il nostro futuro

Il trionfo del vendolismo 
chiude l'era dei riformisti

Questa è una sconfitta che pesa, ma a pagarne il prezzo saranno gli italiani. Gli elettori hanno scelto, la maggior parte di loro in buo­na fede, ma le conseguenze del referendum comincere­mo a vederle presto. Qui non è in ballo solo l’atomo, affon­dato, o l’acqua, o la possibili­tà di affidare ai privati alcuni servizi. Non importa neppu­re il destino del legittimo im­pedimento. Purtroppo c’è molto di più in gioco: il futu­ro. Bersani continua a dire che Berlusconi ha perso. Quello che invece dovrebbe prima o poi iniziare a chiedersi è chi ha vinto. Non ha vinto lui. Ma soprattutto non hanno vinto i riformisti. È la stessa storia delle amministrative. È un coda, un sequel , un copione che si ripete.L’Italiasta dando fiducia alle forze più reazionarie che ci sono in giro in Europa.

Vincono quelli che da un vita si battono contro il futuro, contro la modernità, contro le cose che cambiano. Sono un fronte ideologizzato che punta a mantenere la società nella sua ragnatela di divieti, burocrazia, di no ripetuti a oltranza. Sono i paladini dell’immobilismo. Sono i no Tav, no global, no infrastrutture, no atomo, no liberismo, no Marchionne, no tutto. La loro strategia è la paura, si nutrono di sciagure, raccontano apocalissi prossime venture, si esaltano per ogni crisi, ogni tempesta, ogni malaugurio, tifano per la fine del mondo. Le loro litanie di disastri universali sono lo strumenti per dire, quando la sfiga colpisce, ve lo avevo detto. Si nutrono di paura e con queste paure vogliono spaventare la gente, vecchi e giovani, l'aristocrazia alto borghese e chi non arriva alla fine del mese. Sono i monatti del pessimismo. Fanno tutto questo per arrivare a governare, ma quando ci riescono si accorgono che non fa per loro e mandano tutto all’aria.

Si fanno molti più quattrini a predicare. Il guaio è che negli ultimi tempi li ascoltano. A forza di bestemmiare contro questo secolo prima o poi riusciranno a ibernare il tempo o a riportarci tutti nel passato, magari prima della caduta del Muro. I nomi? Sono i Vendola, i De Magistris, i Di Pietro, i Pisapia, i Grillo e con la solita fanfara a morte di intellettuali, musici, vecchi guru qualunquisti, santommasi bravi a fare i soldi perfino con i referendum, cercando un po' di notorietà con la scusa degli ideali, delle energie alternative e dell’acqua. Sono i giacobini innamorati del verbo di Travaglio, che vanno in strada a fare tintinnare le loro manette o gli orfani di quel teleimbonitore che corrisponde al nome di Michele Santoro, patrono di giovani principesse e spadaccine, l’importante è che abbiano un pedigree da salotto buono. La loro forza è che sanno mascherarsi bene. Non giocano mai a viso scoperto.

Non mettono in piazza la loro vera anima reazionaria. Non ricordano che se in questo Paese tutte le riforme sono state avversate e boicottate alla base c'è sempre la loro ideologia. Il mercato del lavoro? Può attendere. Le pensioni? Non si toccano. Il welfare? Chi se ne frega se protegge i furbi e lascia a mendicare chi sta veramente male. La Costituzione? È sacra. La giustizia? È una tartaruga da tutelare, come una specie protetta. Le caste? Dio le benedica. A Milano e a Napoli ci sono loro. Sotto i referendum sempre loro. E Bersani? Si accoda. Partecipa alla festa. Riporta il Pd all’ombra delle vecchie querce e dei soliti ulivi. Questo signore che vive di metafore si sta dimostrando più cinico perfino di D’Alema. Non appena ha sentito l’odore di potere non ha esitato a travestirsi da Vendola e da Di Pietro, prima seguendo la scia, ora provando a stare all’avanguardia. Ecco che allora Bersani, e con lui la Bindi, non aspettano neppure un giorno per rivendicare le dimissioni di Berlusconi, scavalcando in estremismo e giochini tattici anche il Tonino vestito da moderato.

Di Pietro continua a dire che questo referendum non è politico, non è una mozione di sfiducia nei confronti del governo. Appare perfino saggio. La sinistra che un tempo si definiva moderata non vede l’ora invece di capitalizzare il successo altrui. La scommessa è pericolosa.

Il Pd da questa storia uscirà ridimensionato, costretto a subire i ricatti e la forza dei suoi vicini di casa. L’illusione è salire sul carro dei vincitori. La realtà dice che il Pd riformista è solo il maggiordomo del partito dei reazionari. Buon referendum, Bersani.

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