La Turchia di Cevdet, l'Europa e un sogno quasi raggiunto

Esce per la prima volta in italiano il romanzo di esordio dello scrittore turco Orhan Pamuk, premio Nobel 2007 per la letteratura. La saga di una famiglia che riflette i mutamenti di una nazione, le attese per il futuro e la modernità nella cornice sociale di profondi cambiamenti

Cevdet era un bottegaio. Umile e musulmano. Sopravvisse a momenti difficili nella Istanbul del primo Novecento, in uno stato in transizione. Lenta transizione. Con un occhio all'Europa e un altro verso se stessa. Il proprio interno. Cevdet e la saga della sua famiglia, multiforme nei caratteri come nei componenti, che rappresentano la storia della Turchia recente. Una vicenda, importante da conoscere, che aiuta a comprendere un presente forse per molti ancora troppo misterioso. «Il signor Cevdet e i suoi figli» (Einaudi, pp.650, 24 euro) è un romanzo ma ha il grande respiro di un'opera di saggistica senza presupporre nel lettore conoscenze che talvolta i saggi richiedono. «Il signor Cevdet», opera prima del Nobel 2007 Orhan Pamuk, è un grande affresco con un alito di attualità che lo rende interessante anche in questo scorcio di anni, nei quali tanto si parla dei rapporti fra Turchia ed Europa oltre ai problemi per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea.
Per tutta l'estensione del libro è vivissima la suggestione che il Vecchio continente esercita sul pensare turco. Sul suo sentire. Sulle ambizioni di un Paese al bivio. Sulle attese di una nazione che chiede modernità e vede, proprio nell'indole e nella cultura europea, un requisito irrinunciabile per raggiungere traguardi da sempre agognati. E nulla cambia neppure quando i Giovani turchi ribaltano gli assetti del potere politico, scalzano il sultano e danno vita alla Repubblica. Nemmeno quando Mustafa Kemal, detto Atatürk, il padre di tutti i turchi, impone correttivi che conferiscono maggiore laicismo allo Stato e ai suoi sudditi, oltre a compiere i primi passi in direzione di quella modernità tanto richiesta ma mai completamente conquistata. Sempre desiderata da un popolo che sente profondamente i complessi di inferiorità nei confronti di quelle nazioni europee (Francia e Inghilterra soprattutto) che negli anni Trenta e Quaranta del '900 rappresentano i modelli culturali e politici di riferimento.
In questa parabola ideologica e storica si contestualizza la saga che Pamuk tratteggia con assoluta maestria, dando vita a una galleria di personaggi diversissimi l'uno dall'altro, quanto importantissimi - tutti - per dar vita a quell'affresco che, solo nella sua totalità, riesce a restituire il sentimento popolare di una nazione in profondo mutamento. E in totale evoluzione. Nata come la storia di una famiglia che vive i suoi momenti di felicità e sofferenza, la storia riesce a comprendere figure collaterali che contribuiscono a ritrarre la Turchia. A rendersi paradigma di una nazione e di quelle diversità che la compongono invariabilmente. E riesce a non esercitare nessun calo di tensione. Ma a tenere desta l'attenzione di un lettore che non si concentra soltanto sulle vicende delle quali i protagonisti si rendono artefici, quanto sulle tipologie umane che essi rappresentano.
Il bottegaio musulmano che dà il via alla stirpe. I suoi tre figli, tutti profondamente diversi da loro. Una moglie legata ai vecchi schemi e restia ad adeguarsi a cambiamenti non soltanto sociali. Ai compagni di scuola dei ragazzi, amicizie di una vita, che rappresentano sogni raggiunti e falliti. Ma restano. Costanti nel tempo a mostrare quanto un legame affettivo può durare nel tempo nonostante le differenze. Sogni e chimere. Storie di amori felici. E sofferti. Ma storia di una cerchia sociale che subisce profondi mutamenti. Abitudini che si spezzano. Una patriarcalità che entra in crisi non soltanto per la morte del capofamiglia. I dissidi del fratello anticonformista e contestatore di Cevdet, che trova nel proprio erede il continuatore - in senso però più deteriore e dozzinale - di quella forma di critica verso vecchi schemi ormai in crisi.
Quello che esce per la prima volta tradotto in italiano (la prima edizione turca fu data alle stampe nel 1982, ma da allora non ha mai avuto una versione nella nostra lingua) è un romanzo completo, ricco di contributi, informazioni, notizie, testimonianze che è difficile riscontrare nell'opera di uno scrittore all'esordio.

Un Nobel di valore assoluto che nelle sue pagine consente di comprendere una fetta della storia turca come difficilmente un libro di storia sarebbe in grado di fare con altrettanta levità ma preciso e puntuale approfondimento.

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