Tutti in orbita con Jurij Gagarin Ecco il film della sua missione

A cinquant’anni esatti dallo storico volo dell’astronauta sovietico una perfetta simulazione del primo spettacolo spaziale visto da un uomo. Da cliccare in Rete

Tutti in orbita con Jurij Gagarin Ecco il film della sua missione

Due ore scarse. L’equivalente, per noi italiani che a quel tempo ce ne stavamo ben allineati e coperti sull’altra barricata della Guerra Fredda, di una volata da Milano a Genova. Ma a bordo, beninteso, di un bolide tipo la «Porsche 356 B Corsa», non di quel marchingegno chiamato navicella «Vostok 1». Due ore scarse bastarono al compagno Jurij Alekseevic Gagarin (che la Porsche, nel 1961, non la vedeva nemmeno col binocolo) per uscire dal mondo ed entrare nella Storia.
Mezzo secolo è passato, sfrecciando più veloce di una Porsche, più veloce di un asteroide, da quelle due ore scarse che fecero tremare l’Occidente. Ivan aveva bagnato il naso a John, la bandiera rossa sventolava più in alto, molto più in alto, di quella a stelle e strisce. E sicuramente, da qualche parte in Siberia, l’Armata Rossa si preparava a marciare verso... Verso che cosa? La Coca Cola? Il tostapane? Le collant?
Timore e tremore (e anche, sotto sotto, un po’ di ammirazione...) percorrevano l’Europa «atlantica» e gli States. Questi fanno sul serio, non sono soltanto balalaike e colbacchi, si sono messi sotto a sgobbare come degli Stakanov e guarda che cosa t’hanno combinato: hanno portato per la prima volta l’uomo in orbita. «In orbita». Che cosa voleva poi dire «in orbita»? Lo spiegarono, balbettando per l’emozione, le tv in bianco e nero: un giretto intorno alla Terra, tenendosi lassù, fra i 302 e i 175 chilometri di distanza dalla nostra (nostra di tutti, compagni e non) pallina che ci ostinavamo (e ci ostiniamo) a considerare il centro dell’universo, viaggiando a 27400 km/h.
Eccolo lì, il compagno Gagarin, nel trailer di First Orbit, il film di Christopher Riley (direttore della fotografia è l’italiano Paolo Nespoli) che ripercorre palmo a palmo il suo percorso grazie alla tecnologia della Stazione Spaziale Internazionale in una simulazione più vera del vero che potremo vedere per intero da domani su www.youtube.com/firstorbit. Arriva sorridendo «sul campo per destinazione», come avrebbe detto Nicolò Carosio, a bordo di un pullmino che sembra una scatola di sardine. Ha una tuta da metalmeccanico e un casco con su scritto CCCP, ma quando s’infila in un inquietante buco rotondo non sorride più, è perplesso e pare un filino preoccupato. Il 2001 è ancora lontano, però quella che si appresta a fare è proprio un’Odissea nello spazio. Al posto della maga Circe troverà ad attenderlo il buio e la solitudine assoluta in cui un secondo dura cent’anni e invece che con il grottesco Polifemo dovrà vedersela con i comandi del suo trabiccolo. Dalle 9,07 alle 9,12 del 12 aprile 1961 il silenzio che lo annulla, che minaccia di tagliare il cordone ombelicale fra lui e noi, è un’apnea eterna. Il comunismo è fallito? La Guerra Fredda è vinta senza colpo ferire? No, Jurij Alekseevic c’è ancora, non «lo stiamo perdendo». Mastica qualche parola di sollievo su quanto sia bella e blu, la Terra, vista da lontano.
Alle 10,57 tutto è già finito. E proprio allora tutto incomincia. La Guerra Fredda viene ibernata. Dall’altra parte del fronte spaziale e terrestre nessuno si sogna di alzare bandiera bianca, ma tutti ora sanno che il «nemico» è diventato «avversario», e che la gara richiede un minimo di correttezza sportiva, oltre che molto impegno. Gagarin, in fondo, è stato pioniere proprio come quelli del West e ha dettato la linea della corsa astronautica all’oro. Si è spinto oltre l’hic sunt leones e ha scoperto che i leones non ci sono. Poco prima di partire scherzava con quelli della «base» sul salame e la vodka che avrebbe mangiato al ritorno, e molta minestra dovranno mangiare gli yankee per recuperare il tempo perduto. Intanto, Coca Cola, tostapane e collant si apprestavano a colonizzare l’impero rosso viaggiando su altre navicelle, seguendo i percorsi tracciati da altri moduli e modi.


Otto anni dopo sbarcheranno sulla Luna, ma il compagno Gagarin non potrà godersi lo spettacolo. Se ne andò infatti (e questa volta per sempre) il 27 marzo del ’68. First Orbit è un’elegia al suo coraggio. Qualcosa a metà fra dasvidania e see you later.

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