Trecento pagine di gagliarda analisi sul mondo dell'arte, una wasteland in cui è facile perdersi e ancor più facile smarrire il senso ultimo del viaggio, trecento pagine scritte in punta di penna, senza mai ricorrere a facili etichette ma cercando ogni volta un barlume, un lampo, un'intuizione che ci faccia dire che no, in fondo questo artworld in cui musei, fondazioni, gallerie, artisti, collezionisti sguazzano e si autocelebrano sui social ha ancora qualcosa da dire.
Serviva la mano creativa di Ugo Nespolo per connettere nomi e luoghi, per denunciare ciò che altri nemmeno notano, drogati dalle mode del momento (ma perché nessuno ama, cerca e colleziona più la pittura italiana dell'Ottocento?): Vizi d'arte, a cura di Sandro Parmiggiani e con la prefazione di Alberto Manguel, edito da Skira (pagg. 312, euro 29), è una lettura godibile e necessaria, una corposa raccolta degli scritti di Nespolo prevalentemente usciti sulle pagine del Foglio e confezionati in modo mirabile dall'ex enfant terrible dell'arte italiana, 81 anni e quasi 800 mostre al suo attivo in mezzo mondo (l'ultima ha appena aperto alla Reggia di Colorno, in provincia di Parma: «Wanderer about New York» presenta le fotografie di Nespolo tra le strade della Grande Mela tra i primissimi anni '80 e la fine degli anni '90, con una scelta di soggetti e inquadrature che ripercorrono le radici della sua stessa attività pittorica).
Riprendendo quanto già scritto nel recente Per non morire d'arte (Einaudi, 2021), l'artista piemontese racconta il gran circo dell'arte con il piglio libero dai dogmi imposti dalle quotazioni delle aste. Nespolo ci ricorda come tutto il comparto abbia la memoria corta, di come il Novecento italiano (con le eccezioni del Futurismo e di Lucio Fontana) meriterebbe maggiore attenzione, esamina poi i meccanismi per cui si celebrano nomi di dubbio valore con il solo obiettivo di alzare il volume degli scambi sul mercato, sottolineando invece la necessità di diffondere il più possibile l'arte, anzi le arti (incluse quelle applicate, di cui Nespolo è campione) a tutti i livelli della società, a cominciare dalla scuola.
Mai servile nei confronti dei potenti (siano essi galleristi o artisti di fama), quasi donchisciottesco nella sua battaglia per una creatività controcorrente, Nespolo raccoglie qui una serie di scritti pervasi da una malinconia stemperata da ironia e disincanto, corrispettivo perfetto delle sue colorate e irriverenti creazioni. Pittore, scultore (anche di vetro e di ceramica), artefice di scenografie teatrali e di celebrati film sperimentali, nato a Biella e ben cresciuto a Torino, versatile nella declinazione della sua creatività tanto quanto negli incontri che ne scandiscono l'esistenza (da Enrico Baj, il grande amico, a Michelangelo Pistoletto, da Mario Merz a Yoko Ono e Andy Warhol), Nespolo è artista poliedrico come pochi in Italia. Reclutato dalla Galleria Schwarz negli anni '60 per la sua prima mostra milanese, anticipa ciò che l'Arte Povera avrebbe fatto di lì a poco, buttandosi poi sul cinema d'arte (conquistando anche Man Ray).
Con Ben Vautier realizza una serie di eventi Fluxus e con Baj confeziona quel capolavoro artistico-intellettuale che è la Patafisica, «scienza delle soluzioni immaginarie».Ugo Nespolo, e questa raccolta critica ben lo dimostra, è intellettuale raffinato e artista del fare, in perenne ansia da sperimentazione. Un puzzle raro, e per questo prezioso, nella monocorde scena artistica nostrana.
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