Geniale. È difficile trovare un altro aggettivo. Il 16 maggio i 30 (ma saranno 36 dalle prossime elezioni) consiglieri regionali dell'Umbria hanno deciso, con una leggina che dovrebbe evitare un referendum incombente, di diminuirsi lo stipendio. Che con le varie prebende arriva, al lordo, fino a 27mila euro mensili. La leggina è stata fortemente voluta da Rifondazione, Ds e Margherita ma approvata da tutti i partiti. Ma anziché tagliarsi lo stipendio dell'8 per cento, «per errore»... se lo sono aumentato. E nonostante questo, il Consiglio regionale si appresta ad annullare il referendum che invece vuole dimezzare le buste paga degli onorevoli nel parlamentino umbro (dai 12 mila euro netti al mese, a «solo» 6mila).
La vicenda assume i contorni della storia di Totò che vende la fontana di Trevi. Questa «incongruenza» è stata segnalata dal ministero della Giustizia. Come mai? Semplice. La «decurtazione» dell'8 per cento è stata così stabilita: la leggina approvata prevede che l'indennità mensile sia un ventesimo di quanto percepisce all'anno un presidente di sezione della Cassazione. Solo che gli uffici regionali hanno fatto riferimento alla qualifica HA08. Che è quella del presidente e del procuratore generale della Cassazione, i quali con gli aumenti scattati il 1° gennaio 2007 guadagnano 190mila euro annui. Con un conseguente aumento anche per lindennità degli eletti della Regione governata dalla ds Maria Rita Lorenzetti. Altro che taglio.
Scoperta «lincongruenza», sconcerto, telefoni incandescenti. Si è dovuto riunire l'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale. Nel verbale della riunione ci si spertica a spiegare che inequivocabilmente il testo varato a maggio parla di «risparmi derivanti dall'applicazione della presente legge», onde tacitare le malelingue. Corretto «l'errore materiale», si è passati a tagliare veramente. Di quanto? Alla fine, rifatti i conti, le busta paga dei consiglieri si alleggeriranno sì ma solo dello 1,05 %. Quanto basta per allontanare lo spauracchio del referendum, già rinviato tre volte e fissato per l'11 novembre.
Ma i referendari non ci stanno. Il Comitato per il referendum tramite l'avvocato Giuseppe Caforio ha già spedito due diffide a giunta e Consiglio regionale. La prima perché non si azzardino a «sconvocare» la consultazione con la scusa della legge nuova. La seconda intima che «al più presto vengano formulati i nuovi quesiti referendari» (necessari visto che la norma in tema di indennità è cambiata).
Domani la decisione del Consiglio regionale. Una corrente di pensiero ritiene che il referendum si tenga lo stesso. Un'altra invece sostiene che «è ormai superato». Neanche a dirlo, quest'ultima sembra quella vincente.
pierangelo.maurizio@fastwebnet.it
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