Urbanistica ed Expo, ecco come vincere le sfide

(...) Si è perso tempo e non si è fatto capire nulla ai milanesi Ora le cose sembra che stiano decisamente cambiando. La guida dell’Expo affidata a Giuseppe Sala sembra che stia imprimendo uno slancio e soprattutto che stia dirigendo l'impresa nel solco giusto. L'aver cooptato nell'impresa personalità come Giorgio Armani (per il logo), Dante Ferretti (l per i boulevard o, alla romana, decumano e cardo) e Lebenskind (per le porte) è un fatto non solo simbolico ma che indica la crescente credibilità di Expo. E in questo caso la credibilità, essendo un fatto di rilevanza internazionale, è praticamente tutto. Speriamo che la rondine faccia primavera.
Per l'Expo il 2011 deve essere l’anno dei contenuti. L'alimentazione (e la fame) sono i temi dei quali discute il mondo delle istituzioni a livello più alto. Dall’Onu alla Santa Sede, dal Wto alla Fao. Quello che manca è ciò che la Milano dell’Expo può fare: divenire il luogo fisico e istituzionale di questa discussione che manca di sintesi perché è dispersa in mille rivoli che finiscono per ridurla all'inefficacia. Perché gli Obiettivi del Millenium Round non trovano a Milano il luogo che ne segna il percorso. Le caratteristiche ci sono tutte e la credibilità del nostro ministro degli Esteri e del governo possono far aspirare Milano a candidarsi ad un Milano Millennium Round prima durante e dopo l’Expo. E' una sfida ambiziosa ma meno del vincere l’Expo che è già riuscita.
Il Piano di governo del territorio che ha visto nell’assessore Masseroli il suo ispiratore. In estrema sintesi gli obiettivi cui deve mirare l'applicazione del Piano sono due: far ripartire il mercato edilizio e far sì che - obiettivo forse ancora più difficile - ovunque a Milano si costruisca da ora in avanti, ma soprattutto in periferia, non si dia vita a quartieri più o meno dormitorio, ma si costruisca un pezzo di città nel senso pieno del termine. Il Piano ha in sé queste potenzialità sia attraverso quel complesso sistema (ma era difficile farlo più semplice) di perequazioni e - diciamo - scambi-baratti e attraverso quell’articolato e sistematico (finalmente) Piano dei servizi che dovrebbe assicurare a Milano servizi sparsi sul territorio laddove i cittadini abitano e hanno bisogno di usufruirne: da quelli per gli anziani a quelli della scuola a quelli delle mamme che devono conciliare lavoro e maternità.

Il Piano prevede anche che questi servizi siano gestiti da privati e da associazioni o imprese sparse sul territorio per ottenere maggiore efficienza e motivazione di chi ci lavora. Due obiettivi molto ambiziosi ma se non avessero questa caratteristica sarebbero la solita minestrina riscaldata di cui Milano non ha bisogno. Le premesse sembrano esserci. Speriamo in bene.

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