Miliardi dai beni del demanio? Così la burocrazia blocca tutto

Burocrazia, disattenzione e vincoli ministeriali mettono il morso all'affare

Miliardi dai beni del demanio? Così la burocrazia blocca tutto

“Il Decreto “Milleproroghe” - art.10, comma 6 bis - ha previsto la riapertura dei termini per la richiesta di beni di proprietà dello Stato, come definito nell’art 56-bis del Dl 69/2013 sul Federalismo Demaniale. Le Amministrazioni locali, fino al termine del 31 dicembre 2016, potranno presentare domande di trasferimento di beni presenti sul proprio territorio, da valorizzare con progetti di recupero in linea con i programmi di rigenerazione urbana e con le esigenze dei cittadini” scrive l'Agenzia del Demanio sul proprio sito internet. Federalismo Demaniale, ovvero un tentativo di rivalutazione e di riqualificazione di un grande patrimonio immobiliare che, fino al dicembre dello scorso anno, annoverava 45.300 strutture per un valore complessivo di 59 miliardi di euro. Una cifra enorme che, in tempi di crisi, calo del potere d'acquisto, difficoltà di accesso al credito per privati e PMI, è una boccata di ossigeno per Stato e cittadini.

Alcuni stabili, civili e militari, sono già all'asta o sono stati trasferiti dall'Agenzia del Demanio a comuni e regioni; altri, come i fari smilitarizzati, hanno attirato le attenzioni di investitori del settore turistico.

Dunque, trasformare immobili in soldoni sonanti non pare cosa complicata anche se, attraversando la Penisola, non è affatto difficile scovare stabili completamente abbandonati, vandalizzati e coperti di vegetazione.

Ne sono emblematico esempio i CAR (Centro Addestramento Reclute) che, dopo la sospensione della leva nel 2005, sono in larga parte finiti in disuso, esposti alle intemperie, alla mano dei teppisti e, non di rado, sfruttati come dormitori abusivi.

Ma cosa c'è di tanto interessante in un vecchio sito militare? Al gusto del proibito, del violare aree fino a poco prima inviolabili (per vigilanza armata), va aggiunto il fatto che gli edifici conservano ancora arredi, suppellettili, parti elettroniche che nessuno si è curato di rimuovere prima della dismissione e che possono avere un valore sul mercato.

Visitando un CAR (guarda il video) ci siamo accorti che strumenti, accessori, grandi elettrodomestici sono ancora lì e neanche in pessime condizioni, malgrado non subiscano manutenzione da almeno una decade. Anche lo stato delle camerate, dei bagni e delle mense è discreto, ma il tappeto di isolanti che si staglia sotto i nostri piedi lascia intendere che qualcuno abbia già tentato di “valorizzare” la caserma, strappando filamenti di rame dai generatori e dalle prese per rivenderli. E fu proprio un furto di rame a causare l' incendio che, tre anni fa, danneggiò i capannoni di un CAR sulla costa marchigiana: gesti irresponsabili e pericolosi che provocano anche un abbassamento del valore di mercato dell'immobile.

Ma i Centri addestramento non sono le uniche “vittime” dell'abbandono: polveriere, ospedali, rifugi del tempo di guerra, fabbricati delle Forze Armate marciscono in attesa che qualcuno li venda. Vendita, talvolta, ostacolata dagli standard d'utilizzo imposti dai ministeri. Ne è esempio il terreno dell' ex Società Prodotti Esplodenti Autarchici di Narni Scalo: di proprietà della Marina Militare fino al 2007, ora civile, lo SPEA è quasi completamente fagocitato da una fitta vegetazione interrotta, qua e là, da resti di bivacco e da rifiuti. L'interesse al recupero, almeno da parte dell'amministrazione narnese, c'è ma si scontra con un vincolo del Ministero dei Beni Culturali che chiede chiede un progetto chiaro ed un investitore, poiché l'area ha un valore storico.

La tutela del patrimonio culturale è importante e le preoccupazioni del Ministero possono essere condivisibili;

d'altro canto, però, è lecito domandarsi quale sarà il valore storico (e di mercato) dei tanti Spea italiani fra dieci anni, quando il tempo, l'inciviltà e il vandalismo avranno lasciato dietro di sé solo ruderi e degrado.

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